Friday, May 28, 2010

The pursuit of happiness

Ci sono sempre film che vorresti vedere, libri che ameresti leggere o musica che vorresti ascoltare. E ci sono azioni mancate, senza nemmeno una ragione speciale. anzi senza ragione e punto.
A volte, pero', questi film, questi libri, questa musica, te li ritrovi li', giusto di fronte, quando non c'e' nessun posto dove andare, nessuna incombenza da assolvere, nessun impegno da mantenere. Magari sei in aereo, in alta quota, sorvolando l'oceano che ti separa fra la vita di ieri e quella di domani e vorresti dormire ma se chiudi gli occhi senti il battito del cuore troppo forte, allora meglio guardare il film. Will Smith e' uno dei miei attori preferiti dal tempo in cui giocava a fare il principe a Bel Air. Muccino e' l'ultimo bacio e quindi la pesante leggerezza di una gioventu' che saluta dopo un'estate meravigliosa e prende il numero di telefono e l'indirizzo, "per tenersi in contatto", ma poi lo sai che non la rivedrai piu'. "La ricerca della felicita' " mi ha aspettato su quell'aereo, mentre iniziavo la mia di corsa senza nemmeno sapere quanto avesse corso un giorno Chris Gadner. Non ricordo nemmeno di aver respirato mentre guardavo il film. Ero troppo occupata a correre con Chris che, a sua volta, era occupato a rincorrere il suo sogno. Ho rivisto infinite volte la fine di quel film, quel momento piccolo e magnifico in cui il capo lo chiama per dirgli che il lavoro e' suo. Non c'era espressione di quel volto che non mi fosse familiare. Non c'era lacrima ricacciata in gola che non avesse ferito la mia gola. Non c'era voglia di urlare a squarciagola che non mi avesse contagiato. "Quel momento, quel piccolo momento della mia vita, possiamo chiamarlo felicita' ". Per una che sta sospesa fra il blu del cielo e del mare, alla ricerca di quella stessa, identica felicita', quei minuti di pellicola sono come un'iniezione di pura adrenalina.
Oggi parlavo con due amiche di quel film. "The pursuit of happiness" e mi hanno chiesto la traduzione del titolo in italiano: pursuit=ricerca. Pur sapendo di essere nel giusto ho "sentito" che fra le due parole c'erano mondi diversi, culture diverse e la storia di popoli che "corrono" e popoli che " stanziano". In inglese, la parola "pursuit", che pure si puo' tradurre con l'italiano "ricercare", ha sostanzialmente un significato molto piu' vicino al tedesco "streben". Lo "streben" e' quello spirito che ci fa "tendere a" qualcosa, con l'intento di raggiungerla. "Tendere a" e' oggettivamente diverso da "ricercare" che da' immediatamente il senso di uno che sta seduto e cerca fra altre cose quella giusta. Ricercare significa anche non trovare. Streben, pursuit o "tendere a", sono piuttosto focalizzati sull'importanza stessa dell'azione del provare ad ottenere qualcosa. in quel tendere c'e' l'unicita' dell'essere umano. In quel "tendere a" c'e' la ragione di una vita intera. Streben e pursuit non hanno un verbo italiano che possa tradurli in maniera appropriata. Tanto che persino Muccino ha usato "ricerca". Credo che nella diversita' delle lingue, ci sia il riflesso di una inclinazione filosofica, di un modo di vedersi e di volersi vedere che distingue le civilita'. Nel film, cosi come nella vita reale di Gardner, lo streben, il tendere a, sono la ragione essenziale di uno sforzo titanico che molti di noi avrebbero interrotto mille volte. Perche' in italiano, noi "ricerchiamo" e spesso non troviamo perche' manchiamo di quel vero senso necessario al raggiungimento di un obiettivo che e' lo "streben". Non che tutta l'America sia uguale, ma a New York sicuramente respiri in ogni istante la sensazione che se "tendi a" puoi arrivare a cio' a cui stavi tendendo.La mia sensazione, vivendo a Napoli, e' stata troppo spesso che si e' schiavi dell'idea che, invece, nessun cambiamento sia possibile, nessuna vittoria raggiungibile, nessun miglioramento perseguibile.
A volte credo davvero che siamo i nemici di noi stessi. Cresciuti con l'idea dell'accontentarci prima che la vita, fatta per quelli con le giuste conoscenze, ci deluda piu' di quello che comunque ci deludera'. Accontentarsi e, forse, di tanto in tanto, ricercare qualcosa che ci dia un po' di ottimismo, prima di mettere da parte anche quello ripetendoci "tanto tutto e' lo stesso".
C'e' una trasmissione qui in tv che fa vedere tutti quelli che poveri in canna (compresi i senza tetto) sono diventati miliardari. Si resta a bocca aperta. Perche' bisogna oggettivamente ammettere che da noi, forse, si contano sulle dita di una mano.
E non e' solo per la ricchezza in senso economico. Leggere la biografia di Sonya Sotomayor o di Elena Kagan, nominate da Obama alla Corte Suprema, e' come rivedere il film di Muccino. Entrambe figlie di immigrati, con vite piene di sacrifici e difficolta' e oggi alla Corte Suprema. E (ri)penso alle nostre Ministre, a tante deputate e senatrici, di entrambi gli schieramenti, e mi viene ancora una rabbia, la stessa che il film di Muccino comincio' a sciogliere, con le lacrime che mi colavano sul viso, in un aereo sospesa fra l'azzurro del mare e quello del cielo.
E' difficile sentirsi felici con tanta stanchezza addosso ma posso con certezza dire che ho dentro di me la pura gioia di chi ha ricominciato a "tendere a" e con questo a sentire che la vita ha anche un sapore buono, come un frullato di banane e fragole o un frappe' come quello che faceva mio padre quando eravamo piccoli, a casa di zia Elena, di ritorno chissa' da dove, e ce ne toccava una tazzina mentre guardavamo Gian Burrasca.

3 comments:

jeneregretterien said...

in conclusione, lì c'è speranza di farcela, qui no. Qui anche "tendere a" risulta vano. Per sognare, per sperare, per realizzare i propri sogni bisogna volare via. E sapessi com'è triste dover dire questo ad un figlio.
Claudia

mimma centanni said...

Ho la stessa tristezza di Claudia , avendo un figlio che a breve si diplomerà in violino e vedendo come stanno bistrattando la musica in Italia. Le parole che si stà sentendo più spesso dire sono : sei bravo ,ma se vuoi fare qualcosa di buono devi andare fuori di qua!!
Che tristezza !!

Alessandra Del Vecchio said...

mio padre mi ha sempre detto di pensare al peggio per non rimanere delusa; mia madre che tutto il mondo è uguale, pur non avendo mai viaggiato in vita sua. Io, per fortuna, non ho mai creduto alle loro parole, ho divorato libri e parlato con la gente di tutto il mondo,o quasi. quindi vorrei dire a claudia di non dire a suo figlio che tutto è vano, io vorrei sentirmi dire dai miei che vado per il cammino giusto,piuttosto che sentirli parlare di me come una invasata che a 30 anni "cerca" ancora la felicità.