Friday, February 27, 2015

pensieri di felicita' - 27 febbraio

pensierini della felicita': 1) oggi mio nipote, Cristian Vitaliano, compie 17 anni. Come zia, ovviamente, lo amo cosi profondamente che ogni parola e' superflua. Lui, pero', merita davvero tutto cio' che la vita gli regalera': per tutte le volte che, con il suo silenzio, ha risposto agli insulti razzisti a lui rivolti. Da chi ha occhi ma non vede. 2) il venerdi e' il giorno della settimana in cui ti senti felice come prima del primo appuntamento. E' tutto un sognare cose splendide. Che poco importa se non si avverano. 3) aver lavorato per CINQUE anni con un giornale e non avere nemmeno la dignita' di una telefonata e' una soddisfazione: senza retorica, perche' segna le distanze. 4) non so se sia stato lo status sul "mangiare pane e olio" ma ho avuto vari inviti a cena da carissimi amici. Quindi ieri sera ho pianto di nuovo ma di felicita'. Sapete no? quelle lacrime che non fanno rughe. 5) oggi senza un completo intimo de La Perla mi sento come se fossi sull'Isola dei Famosi. Inquietante. 6) ho deciso di aprire una pagina FB per raccogliere queste mie perle di saggezza che voi vi impegnerete a piacere adorare diffondere e onorare. Dite LO GIURO. 7) quando vado al lavoro mi sento come Ulisse con le sirene: prima di arrivare devo superare indenne le vetrine di Alexander McQueen, Barney's, Oscar de la Renta, Max Mara. Quando mi siedo alla scrivania mi sento sfinita. 8) ieri Austin al quale insegno la nostra diabolica lingua mi ha detto "ma ora quanti lavori fai? quattro?" Ho detto "si" e lui "cool" 9) sono sempre stupita dall'esigenza di alcuni di dover definire l'amore con etichette precise come fidanzato? amante? trombamico? L'amore e' in se' stesso definizione. Un abito di Armani e' suo anche senza etichetta. 10) ieri ho risparmiato 15$ ull'acquisto di una cosa: un impulso pauroso alla somma per l'acquisto della mia Vespa 32.50$, vado a comprare il casco.

Thursday, February 5, 2015

erano giorni

Erano giorni di turbolenze

Erano giorni di amarezze

Erano giorni di addii

Ogni mattino mi svegliavo e dicevo addio a qualcosa e, straordinariamente, invece del peso dell'addio sentivo la leggerezza della liberazione.

Di fronte a me c'era il nulla. L'ignoto che mi raccontavo meno pauroso per non lasciare che le mie ansie mi fermassero ancora.

Dentro di me finalmente, seppur tardivamente, sopita quella voce nevrotica che suggeriva di restare, insinuava sensi di colpe, diffondeva immagini apocalittiche.

Ero come un bimbo nel ventre di sua madre: al sicuro, con tutto l'essenziale alla sopravvivenza ma non vivo del tutto. Nascere sarebbe stato doloroso. Per me e per mia madre che mi avrebbe rimessa al mondo dicendo "vai via, qui non sei felice". I genitori sentono l'assenza dei figli piu di chiunque altro. No, non bisogna essere genitori per saperlo. Bisogna solo aver abbracciato una madre e un padre in un arrivederci che non ha tempo di ritorno preciso.

Erano giorni in cui mi sedevo sul balcone di casa al mattino, con il sole negli occhi e imparavo a memoria quel panorama. Quasi sapendo che tanta bellezza mi avrebbe aiutata a salvarmi dalla disperazione. Capri, il luccichio riflesso sul mare, il Vesuvio, la collina di Posillipo sotto di me. Il silenzio di una citta diversa da Napoli eppure Napoli fino in fondo.

Erano giorni. Che a pensarli oggi sono anni interi in cui ho accumulato delusioni, stanchezze, disullusioni e offese e ho deciso di morire o vivere finalmente.

Erano giorni. Lunghissimi e brevi come un bacio d'amore: mai sufficientemente infinito.

Otto anni.

Erano giorni e poi sono diventati ricordi in lontananza. Mentre fra una ruga nuova e un momento di stanchezza, sento sotto la pelle la vita mia. La vita. Tutto cio' per cui vale la pena morire.