Thursday, December 29, 2011

Una mia giornata

A New York al mattino mi sveglio presto di solito. Un po' perche' il mio lavoro e' concentrato soprattutto al mattino, visto che quando qui e' ora di pranzo le redazioni dei quotidiani sono quasi in procinto di chiudere. Un po' perche' mi sembra che la mia giornata non abbia mai abbastanza tempo. A New York il tempo e' una variabile meravigliosa, riusciresti a viverne tre volte quello che vivi in un altro posto.

Una mia giornata inizia con gesti ripetitivi e uguali. Apro le finestre, qualsiasi sia la temperatura, accarezzo Dorothy e ci diciamo "buongiorno", accendo la radio, vado in bagno e metto su il caffe': rigorosamente Kimbo o Passalacqua o Illy. Con il mio vassoio mi siedo al computer e controllo la posta, chiamo i miei genitori con Skype e cazzeggio un po' su Facebook.

Poi si parte per la giornata. La metropolitana e' a due blocchi da casa, due minuti a piedi. Passo davanti alla banca, vetri chiari e impiegati seduti a vista, quasi sempre mi salutano. A volte mi fermo per fare un'operazione. Non sono mai stata in fila piu' di cinque minuti. Mai in quasi cinque anni. Quando entro, gli impiegati mi salutano con il mio nome e mi chiedono di Dorothy o di come mi sento e facciamo due chiacchiere. Il mio conto in banca e' ridicolo. Quindi non lo fanno per piaggeria.

Arrivo alla metro. Spesso mentre scendo le scale la vedo passare. A volte penso di stare in Italia e mi incazzo. Poi guardo l'orario e vedo che ce n'e' un altra in arrivo in due minuti. E sorrido. Amo New York. Mi siedo e apro il New York Times che trovo davanti alla porta ogni mattina, un lusso che ho deciso di regalarmi per una cifra ridicola visto il prestigio del prodotto. La metro OVVIAMENTE arriva in orario, a volte prima. Una fermata, due minuti, destinazione. Alla dog run (il parco per i cani, dove possono stare sciolti) ci conosciamo un po' tutti. Sono l'unica italiana e quindi devo "subire" spesso domande su Berlusconi e nuovo governo. Sono sempre gentili e mi consolano dicendo che anche loro, uno come Bush. "Si peccato che Bush sia stato in carica otto anni e poi avete eletto Obama" penso io con un sorriso.

La mia mattina e' tutta metropolitane, autobus, corse per scale e ascensori e Ipad e giornali. Se sono fuori e devo scrivere, entro da Starbucks e mi siedo al primo tavolo libero e uso il wifi gratuito. Quando sono di fretta non ordino nemmeno un cappuccino: nessuno si sogna di cacciarti. Quando devo andare all'Upper East Side, prendo il bus: ne passa uno ogni 3 minuti. A volte due, a volte 4 (e tutti bestemmiano mentalmente). In cinque anni credo di aver viaggiato in piedi 4,5 volte. Per accedere all'autobus ci si mette in fila, uno dietro l'altro, e si sale e si timbra sotto l'occhio vigile del conducente che, SEMPRE, saluta tutti e tutti ricambiano. Si saluta anche quando si scende e gli si dice "grazie, buona giornata". L'autobus e' spesso lento perche' quando c'e' un invalido in sedia a rotelle, il conducente ferma tutto, abbassa la pedana, scende e aiuta la persona in sedia a rotelle e arrivati nel mezzo la assicura al suo posto. Nessuno borbotta. Nessuno osa nemmeno alzare un sopracciglio. A New York le persone con handicap girano anche da sole e prendono i mezzi di trasporto. E io mi detesto quando mi spazientisco e mi prenderei a sberle da sola. Amo New York.

A New York giro SEMPRE senza soldi. Un po' non ne ho di mio un po' mi cadono dalle tasche e allora evito. Ma se mi viene fame o sete o mi scappa di comprare qualcosa, che so un caffe' da 2 dollari, pago OVUNQUE con il bancomat o la carta di credito. Lo stesso vale per il taxi. Lo steso vale per tutto. Inutile dire che non sono mai andata all'ufficio postale per pagare una bolletta NE' ho la domiciliazione bancaria. Semplicemente vado on line e pago ogni volta con la carta di credito o il bancomat che mi piace. Se non voglio usare il bancomat allora metto un assegno in busta e lo spedisco. Per l'affitto, metto un assegno in busta e lo spedisco.

A New York esco spesso. Molto molto molto di piu' di quanto non facessi a Napoli. Qui, infatti, puoi andare a mangiare spendendo 15$ o 150$ (mangiando bene) e NON devi aggiungere altre spese tipo auto o taxi. A NEw York puoi passeggiare a Manhattan a qualsiasi ora e anche in molte altre zone della citta'. La metropolitana e gli autobus funzionano 24 ore al giorno e alle tre di notte sono pieni piu' che alle sei di pomeriggio. Ho viaggiato DA SOLA in metro a tutte le ore SENZA PAURA.

Ora non voglio aggiungere tutte le offerte culturali e ludiche che ci sono. Non voglio fare riferimento al fatto che puoi andare a Boston o a Washington (4 ore di bus per tratta) nella stessa giornata perche' ci sono bus a tutte le ore che costano 25 dollari ANDATA E RITORNO e c'e' il WIFi a bordo. Non voglio sottolineare che le palestre sono aperte SEMPRE e per orari lunghissimi (a parte quelle 24/7) e che ti danno: asciugamani, shampoo, bagno schiuma, asciugacapelli, creme da corpo ecc ecc. E ce ne sono di tutti i prezzi, una medio buona, con tantissimi punti in citta' costa sui 70 dollari al mese (non pensate a Napoli, pensate a MILANO)
Non voglio nemmeno accennare al fatto che (pur non essendo lavoratore dipendente) zio Sam mi manda il rimborso delle tasse relativo all'anno, due mesi dopo la dichiarazione dei redditi o che l'ufficio imposte mi ha mandato una lettera di scuse perche' sono in ritardo nel mandarmi un documento chiesto un mese fa.

Certo negli Usa c'e' la pena di morte - che NON c'e' a New York e in una ventina di Stati (pensate in Michigan non c'e' MAI stata sin dalla dichiarazione dell'Unione e in altri c'e' ma non viene applicata) - che ovviamente mi fa vomitare e che il sistema sanitario fa schifo (anche se, come soggetto a basso reddito, mi hanno dato una tessera sanitaria con la quale pago 15 $ come quota contributiva se devo vedere un medico - non generico ma specialista - in ospedale) tanto che lo considero disumano. Ma nessuna civilta' e' perfetta. E in Italia la camorra mette in atto molte piu' esecuzioni in un anno di quante ne metta in atto il Texas e la sanita' pubblica italiana la stiamo distruggendo con una gestione mafiosa e corrotta e cosi' la scuola pubblica. Vorrei precisare che a New York i ragazzi vanno alle scuole pubbliche almeno fino al Liceo e che comunque le borse di studio che danno qui (a chi merita e non a chi e' raccomandato) noi ce le sogniamo. (Il pubblico e' molto piu' tutelato di quanto crediamo: quando si prende un taxi, si pagano dai 50 centesimi al dollaro extra che vanno al trasporto pubblico)

Nessuna civilta' e' perfetta ma ci sono posti dove si vive MOLTO meglio di altri e dove non hai paura di svegliarti perche' Equitalia ti ha mandato una cartella pazza che ti fara' venire i capelli bianchi a sistemare e scopri dopo vent'anni che non sei piu' un giornalista perche' non sei stata abbastanza raccomandata da avere un praticandato (o magari non potevi farlo visto che 18 mesi senza retribuzione non e' da tutti poterseli permettere) e pur buttando il sangue tutti i giorni in un lavoro che ami e per il quale ti sottopagano - ogni due o tre mesi o anche sei - non sarai piu' autorizzato a fare quel mestiere che, in Italia e NON altrove, come tutto, fa parte di una casta, intoccabile e inaccessibile.

La mia giornata, quando la luce cala nei mie meravigliosi tramonti newyorchesi, si conclude sempre con la certezza che questa citta' mi abbia ridato vita, dignita', speranza, umanita' e gioia. E che tutto cio' sia meraviglioso.

Friday, December 23, 2011

Buon Natale

E la guardo mentre distesa sul pavimento dorme placida. Il suo miglior sonno e' quello del primo mattino, quando io mi alzo e accendo la radio, a bassa voce per non svegliare il vicinato e siamo ancora nella penombra con solo l'albero di Natale illuminato. Quello e' il suo miglior sonno. A volte tanto profondo da farla sognare. E allora muove le zampe come se corresse, chissa' in quale parco, chissa' con quale compagno di giochi.

Da quasi nove anni lei e' la mia amica inseparabile. La parte di me che non ha bisogno di giustifiche, spiegazioni, scuse, parole superflue. Lei mi guarda con i suoi occhi dolci e se io sono pronta a ricambiare lo sguardo, per lei e' abbastanza.

Dorothy ed io. Come Jack Lemmon e Walter Matthau, Stanlio e Ollio, Gianni e Pinotto o le sorelle Kessler. Pensi a una e chiedi dell'altra. Persino i miei lettori la conoscono. Quando vado in banca mi chiedono di lei. Quando chiamo i miei genitori mi chiedono di lei. Quando si tratta di me, si tratta di lei. Perche' ogni volta che io ero sopraffatta dal dolore, lei c'era. Ogni volta che ho paura, lei c'e'. Quando la mia felicita' e' tanto forte da far rumore, lei c'e'. Quando ho pochi soldi lei c'e'. Quando ingrasso, o dimagrisco, o mi trucco o urlo, piango, rido, dormo, leggo o scrivo. Lei c'e'. E mi ama incondizionatamente senza chiedermi di cambiare, riflettere, migliorarmi, adeguarmi, cambiare o essere niente di diverso dal mio odore che e' la sua casa.

A parte i miei genitori e la mia famiglia, lei viene prima di tutto per me. Prima di me stessa, se serve, perche' per lei vengo prima di lei stessa.

Per questo oggi non potevo partire e lasciarla senza sapere se sarebbe stata accudita adeguatamente. Per questo non potevo mettere quel desiderio inesprimibile che avevo di essere con la mia famiglia per Natale al di sopra del suo stare al sicuro. Per questo, io sono qui con lei.

Io amo il Natale e trovo sinceramente insopportabile il cinismo stantio di chi lo detesta. Per me Natale e' un tesoro di ricordi di felicita'. Di me che mi svegliavo al mattino nel letto con le mie cugine, in una casa dove si viveva improvvisamente in 8 invece che 4. Il pandoro nel latte, i regali, sempre piccoli, sempre di "tempi di crisi" ma regali. Ricordo in particolare una bambola, che ancora conservo, che amai fino ad impazzire di felicita: con il suo vestitino rosa e i capelli biondi. E zia Elena che raccontava le sue storie e di un'infanzia fra la guerra e la poverta', con mio padre costretto a stare in collegio e lei a svegliarsi che era ancora notte per andare al lavoro, con il freddo che odiava come me. Io amo questa stagione dell'anno in cui non si deve essere buoni ma almeno si puo' per un po' smettere di essere inutilmente cinici, sterilmente pessimisti, rabbiosamente incazzati.

Io amo questa stagione dell'anno perche' mi fa ricordare di quanto io sia stata fortunata a nascere dove sono nata, cresciuta come sono stata cresciuta e resa libera. Libera di non sentirmi costretta ad essere cinica e lamentarmi.

Mio fratello mi ha scritto di ricordarmi quello che metto sempre alla fine delle mie mail, "stay hungry, stay foolish". Ed e' quello che faro'.

Penso a tutti coloro che fastidiosamente si preparano ad "affrontare" l'orgia di cibo e regali, nel mezzo di familiari che gli stanno pure un po' sul cazzo e a lamentarsi di quanto detestano il Natale. E penso a me, che ero furiosa quando mi hanno detto che Babbo Natale e la Befana non esistevano. Infatti, avevo ragione io. Esistono. Se solo sapessimo vederli. Se solo la smettessimo, per un momento, di pensare che essere adulti significhi essere annoiati, pessimisti e disfattisti. Se solo la smettessimo di pensare che un regalo da 6 euro valga meno di uno da 600 e che la vita e' troppo dura per essere felici. Per alcuni e' cosi. Per alcuni e' piu' dura di altri. Eppure bisognerebbe guardarsi intorno e riconoscere, per una volta, almeno una volta all'anno, cio' che di meraviglioso di cui ci e' stato fatto dono, non da esseri superiori, magari, ma da noi stessi, dalla nostra capacita' di costruire, di creare, di sperare e sognare.

Se chiudo gli occhi un attimo ora, sono felice. Perche' la felicita' non e' nell'appagamento totale, ma nell'avere un altro obiettivo, un altro traguardo, un altro sogno da sognare. E io ne ho da vendere, anzi da regalare visto che e' Natale.

Dorothy dorme serena. Ora sa che anche io sono di nuovo serena. E felice. Non per oggi, forse non per domani ma per questa vita che mi e' stata data e che, follemente, instancabilmente, voracemente amo.