Tuesday, December 17, 2013

Natale

Mi svegliavo sentendo il rumore di pentole arrivare dalla cucina. La "macchina da guerra" di mia madre si era gia' messa in moto, con le mie zie a fare da aiutanti in quel ruolo di "sous chef" che era il massimo cui potessero aspirare.

Nel letto "grande", mi ritrovavo con le mie cugine e non vedevo l'ora di alzarmi per un'altra giornata di felicita'. Allo stesso tempo non volevo altro che restare li', aspettando l'arrivo di mia madre che veniva a coccolarmi, a infilarmi qualsiasi cosa per "non prendere freddo" e dirmi "Buon Natale".

La sera prima era stata magica come al solito: di risate e di pacchetti sotto l'albero che sembravano non finire mai. E un cestino di noci e mandarini e pandoro e zeppole, li' sulla tavola, quella che per tre giorni non era mai sgombra o in ordine.

Il pranzo di Natale durava fin quasi la sera quando poi le nostre mamme ci chiedevano cosa volevamo mangiare per cena.

Spesso dopo mangiato, ci si metteva a cantare, passando da Bianco Natale a Bandiera Rossa come fosse niente. Come fossimo noi. I Vitaliano, mischiati con i Vitale, i Palladino, i Ruggiero e i fidanzati, le fidanzate, gli amici e le amiche che apparivano e sparivano dalle nostre scene natalizie. I Vitaliano: quelli capaci di conciliare il comunismo e Dio, l'ateismo e la messa di natale, le piccole tredicesime con la capacita' di regalarci la felicita'. Quelli che si scrivevano biglietti che facevano luccicare gli occhi; che tiravano fuori, puntualmente, le lettere che mio padre aveva scritto a mia nonna dal collegio, piene di dolore e rabbia, per ricordarci che c'era stata la fame e la guerra e lo strazio e che noi eravamo fortunati. I Vitaliano, quelli rivoluzionari perche' capaci di mettere in pratica i dieci comandamenti con l'approvazione di Marx e Lenin e Che Guevara.

In sette anni sono stata a Natale con loro, con la mia famiglia, solo una volta. Credo che questa sia stata una delle prove piu' difficili che mi sono trovata di fronte.  Eppure, ogni anno, a Natale, saperli insieme mi basta. Immaginarli intorno al tavolo a far casino, a parlarsi uno sull'altro, a discutere di politica, a scambiarsi regali, affetto e madarini e noci e pandoro e lacrime e' tutto per me. E' il senso di una storia che continua, di un posto al quale apparterro' per sempre, di una tana nella quale potro' rifugiarmi ogni volta che ne avro' bisogno.

So che parte di cio' che sono, della mia forza, della mia energia e dei miei sorrisi viene dall'incanto di quei Natali che la famiglia ha costruito per noi, per anni, come il migliore degli architetti. Con mano felice. Ecco perche' questo, nonostante la solitudine, le preoccupazioni o le malinconie, resta per me il periodo piu' bello dell'anno. Quello in cui accadono i miracoli.