Wednesday, February 29, 2012

Love - L'amore

We used to fight. Often


Because we adored each other.


This is why I screamed: "well, then don't say anymore that I am the love of your life"


He said promptly: "I never said that you are the love of my life"


Lump in my throat, sharp tears, dark please.


And then his voice again, like tamed "I said and I repeat that you are "the Love"


May be it is because it is gonna snow. May be it is because nobody loved me again so much. But I heard his voice repeating me that and I smiled.


You are "the Love" as well. Forever.


***********************************************


Litigavamo. Lo facevamo spesso.

Perche' ci adoravamo.

Percio' urlai: "allora non dirmi mai piu' che sono l'amore della tua vita"

Lui disse pronto: "Non ho mai detto che sei l'amore della mia vita"

Groppo alla gola, lacrime a taglio, buio please

Poi la sua voce, come domata "ho detto e ti ripeto che tu sei "l'Amore"

Sara' la neve che si appresta. Sara' che nessuno mi ha amato piu' cosi' abbondantemente. Ma ho sentito la sua voce ripetermelo e ho sorriso.

Anche tu sei l'amore. Per sempre.

Sunday, February 26, 2012

D e le altre

Ieri sera, D ed io continuavamo ad abbracciarci fino a quando, inevitabili, le lacrime hanno fatto la loro comparsa. Siamo donne, in fondo, e ci commuoviamo senza tanta vergogna. E fa bene. Sono abbracci e lacrime che dicono cio' che le parole, appesantite da lingue diverse, dal frastuono della musica, dalla vicinanza di troppe persone, non avrebbero potuto dire. "Sii felice" ho detto a D. e lei mi ha detto "Tu hai lasciato la tua patria e i tuoi amici e ce l'hai fatta. Io vado solo sull'altra costa". Tu ce l'hai fatta. Non me lo dico mai. Sono sempre cosi' in ansia per la mia precarieta' che sentirmelo dire cosi, all'improvviso, e' come se mi scoprissi di nuovo ventenne e con un passaporto diverso. Fa bene al cuore. D mi ha detto che sono stata "un'ispirazione". E, nonostante il senso di profonda responsabilita' che da qcio' e' derivato, mi sono sentita lusingata e fiera di me. Come ciascuno di noi dovrebbe essere di se' stesso ma spesso ce lo dimentichiamo presi dal misurarci con canoni che non ci appartengono e ci fanno risultare anche dei perdenti o dei fallimenti. Per i canoni del mondo dal quale arrivo io sono una perdente. Per D sono un'ispirazione. Per me stessa sono finalmente una donna che crede in se' stessa. Ho detto a D che le devo tanto perche' anche grazie a lei sono ancora qui. Lei e' stata fra le prime ad adottarmi, affascinanta da quel mio essere un gatto randagio, arruffato, arrabbiato con il mondo e pieno di un indicibile dolore. E affamato (spesso) spaventato (sempre) e pronto a cacciare le unghie. Di me le piacque subito la liberta' e la ribellione e per quello mi offri' la sua famiglia a farmi da famiglia e un po' della sua vita a farmi da cuscino per tutte le cadute che mi attendevano dietro l'angolo. D e' mia sorella. E le sorelle, anche se si perdono per un po', poi si ritrovano perche' hanno bisogno delle loro inossidabili fragilita', quelle dalle quali traggono la loro stessa forza. D. mi ha detto "no, no tu ce l'hai fatta da sola". Me lo dice spesso anche la mia psicologa, un'altra donna alla quale devo la vita. Tutte mamme, dopo la mia, che mi hanno ri-partorito in questo mondo, con dolore e incantata attesa. Le donne. Mia dannazione e mia salvezza. Per questo poi amo gli uomini, perche' mi fanno riposare con la loro semplicita' ;) Quando sono andata via l'ho fatto in silenzio. Non ci sono state feste di saluto. Pochi abbracci. Solo quelli della carne. E di qualche Giuda sempre pronto a guadagnare trenta denari da una personalissima tragedia umana. O che perlomeno mi appariva tale. Non ho fatto saluti. Ne' brindisi. Solo le mie amiche di sempre, Lina, Rosanna, Antonella e quel portafortuna messomi fra le mani che mi tremavano invisibilmente. E le mie zie e i mie zii. Pochi pilastri della mia vita che mi hanno tenuta in piedi dopo ogni scossa di terremoto. Se partissi oggi, farei una festa con tantissime persone. Quanti amori ho riscoperto, quanti amori ho trovato lungo la strada. Tanti da curarmi la rabbia fino a farla scomparire. Lasciandomi solo la paura, ma come atto di quotidiano coraggio. Forse faro' una festa uno di questi giorni, per la mia partenza, perche' ora sono davvero pronta a partire. Ora partirei non fuggirei, perche' ora so che sono degna e meritevole di felicita'. A mezzanotte e mezzo la metropolitana era affollata e io infastidita perche' ho dovuto aspettare BEN 5 minuti e stare in piedi. E poi ho sorriso di me stessa e di quanto sia facile abituarsi alla liberta'. Anche quella di andarsene in giro da sola di notte in metro sentendosi infastiditi perche' non c'e' un posto a sedere. Non rimpiango Napoli. Non mi manca l'Italia. Mi piace uscire e non aver paura. E mi piace sapere che 20 anni fa non era cosi'. La notte a NY era terrore. Ma ci sono luoghi nel mondo dove si crede che sia possibile cambiare e semplicemente lo si fa. Questo mi insegna New York, con la sua metropolitana affollata, ogni giorno. D. ed io abbiamo pianto perche' ci siamo trovate. Due sorelle. E insieme abbiamo fondato un gruppo di donne per le donne. D. e le altre mi hanno aiutata a guarire. Ed e' bello piangere allora. E' proprio bello.

Thursday, February 23, 2012

Donne

Ieri sera sono stata ad un incontro delle "Donne per Obama". Bello, emozionante e che mi ha ricordato ancora una volta la mia passione profonda per la politica.
Ma mi ha ricordato anche altre cose che provo, cosi', grossolanamente, nella fretta della mattina di una giornata troppo faticosa, da vivere per sopravvivere, ad elencare:

- mi ha ricordato che i democratici (a parte il PD ahahaha) hanno un carattere di globalita' che li contraddistingue: sono quelli che difendono, o dovrebbero, le istanze dei piu' deboli, dei piu' bisognosi e che lottano per garantire un mondo piu' dignitoso. Che poi, Obama, per farlo debba anche stringere la viscida mano di Wall Street fa parte dell'ineluttabilita' della politica in un sistema capitalista di cui gli Stati Uniti sono massima e piu' antica espressione (dove pero', in assoluto rispetto dei principi capitalisti, si riconoscono i meriti come base essenziale per lo sviluppo e la costruzione di maggiori ricchezze - in Italia si riconoscono le "connivenze" da perfetto paese mafioso quale, troppo spesso siamo)

- mi ha ricordato che le donne sono esseri umani splendidi e passionali. Perche' parlano del sale della vita e di quanto costi metterlo in tavola. Non fanno filosofia, comprano il latte. In Italia ho lavorato tanto con le donne fino a detestarle. Perche' non sono, troppo spesso, migliori degli uomini che, pero', io assolvo in quanto tali. Se li critico o cerco di reclamare il mio sacrosanto spazio in un mondo che loro hanno a lungo gestito ma che non puo' e non deve essere piu' esclusivamente loro, non posso imitarne, scimmiottarne anzi gli aspetti peggiori e piu' degradanti. Le donne con le quali ho lavorato e lottato, gomito a gomito, sono state le prime a voltarmi le spalle senza nemmeno chiedermi scusa. Senza nemmeno un gesto di dolore. Con disprezzo. Ricordo che il mio culmine lo raggiunsi quando una donna, che passa la sua vita a "difendere le donne" mi "redargui' " con una tiratina d'orecchie dicendomi che dovevo imparare "che tu non sei parte delle istituzioni ne' una persona di rilievo e per questo non puoi illuderti che un personaggio VIP, milionario, possa preferire parlare con te piuttosto con chi le istituzioni le rappresenta". Il personaggio vip era un calciatore e mi chiamava e mi chiama "caparossa". E siamo ancora amici. Un giorno il calciatore Vip, che quando sono partita per venire qui ha provato a distogliermi dalla mia decisione con piu' affetto di quanto ne abbiano mostrato tutte le donne delle istituzioni insieme, mi ha incontrato in aereo e mi ha detto "devi essere fiera di te stessa caparossa". Lo sono capitano. Lo sono.

- mi ha ricordato che sono in difficolta', acora una volta, perche' e' dura farcela quando i pagamenti non arrivano, il lavoro diminuisce (eppure lo faccio bene, lo so) e nessuno ti spiega nemmeno perche'. Ma ancora una volta trovero' dentro di me le risorse per saltare questo fosso. Ancora una volta. E la verita' e' che non sono nemmeno sola. C'e' New York a farmi da rete e tanti amici che non mi abbandonano mai. E amiche. Molte anche in Italia. Nessuna che abbia un ruolo istituzionale, se non nel mio cuore.

Monday, February 13, 2012

Snow

I get out from my building and there is snow. Nobody had forecast this nor announced. Odd in a country where they tell you even at what time it is gonna start and finish, and they are never wrong. They tell your everything. So you can be prepared.
But then, it happens, all the sudden, and it feels like you are under a rain of happiness, even if you are tired because you had an heavy week on the top of other heavier weeks.

The "unexpected snow" is like happiness that, sometimes, is not warm like the sun or cool like the spring breeze or the hot wind that messes up your memories while you drive your Vespa, coming down from Posillipo*, in a summer "controra"*. The happiness of the snow is cold and if it slips along your neck, you get cold and if you don't pay attention you can slip and fall hitting your butt. Because the happiness of the snow is the most sincere and it is not for free; it is not only beautiful and warm but it hits you lightly and silently and reminds you, with every flake, its other side, the toughest: the unhappiness. Because in each happiness there is an inescapable unhappiness and you have to face that.

When people ask me if I am happy now, I say "yes" by instinct. But then I feel my feet wet and the flake that slipped in my neck is melting and I am cold. But still, it is true, I am happy. And may be that is the "secret. That is the only reason why I keep loving the snow and I keep looking for happiness, in a such intense way that can make me unhappy, sometimes.

And the happiness, at times, means loneliness. A loneliness that comes from the fact that I decided to walk on a winding path, solitary, where it is very easy to stumble, especially when you are in a rush because you feel that your time is no more enough as if you were twenty years old.

Two nights ago, after the press conference of the Italian Prime Minister, in the elevator, I was with few important journalists and few very young colleagues. One of these, ignoring all the others, introduced himself to me. I started to talk with him and when I told him the name of my publication he smiled and said "I already knew". Everybody looked at me wandering if I was someone famous. Someone powerful.

In that precise moment, I thought about my mom and dad and the fact that, even if with the pain of the distance, I always made them proud. And it was like it was snowing. And I forgot, in an instant, that I arrived there after a long day of running around trying to get what I need to survive, with my "nice shoes" that were killing my feet and a tote like the Mary Poppin's one, with inside everything you can need to face an emergency and arrive "decent" at the meeting with the Prime Minister of your country. And I forgot the arrogant disregard of my "colleagues" (most part of them). I forgot the payments for my job that didn't come through; the Sunday that I was going to spend working because those payments didn't come through. And I forgot the tiredness, the uncertainty, the difficulties.

There was a young colleague that wished to shake my hand. And then, may be, that meant that no matter when or how, I should have written something good, something that someone has liked. And writing is all my life. Here is my passion and my love. Here am I.

Five years ago, back in Italy, I was in hell. Because I was alone with my fears and I didn't have any forecast about a coming snow storm. And therefore, I was getting ready to go to look for it. Faraway. Really faraway. In a place where the snow arrives all the sudden, while you are going out with Dorothy and it feels like happiness.

*Posillipo, a neighborhood in Naples, located on the hill, where I used to live
*"controra" is a typical neapolitan word that indicates the hours of the early afternoon that especially during the summer are too hot to indulge in any activities.

Sunday, February 12, 2012

La neve

Esco dal portone e c'e' la neve. Nessuno lo aveva previsto e neppure annunciato. Strano, in un paese dove ti dicono pure a che ora inizia e a che ora finisce e senza mai sbagliare. Ti dicono tutto. Cosi' si e' sempre pronti.
Pero' poi accade cosi' all'improvviso e ti sembra che ti piova in testa la felicita' anche se sei stanca perche' e' stata una settimana dura, a cavallo di settimane durissime.

La neve all'improvviso e' come la felicita' che, a volte, non e' calda come il sole o fresca come il vento di primavera o quello che ti scompiglia i ricordi mentre guidi una Vespa scendendo da Posillipo in una controra d'estate. La felicita' della neve e' fredda e se ti entra nel collo ti viene freddo addosso e ti si bagnano i piedi e se non stai attento scivoli e cadi con il culo per terra. Perche' la felicita' della neve e' quella piu' vera, che non e' gratuita, non e' solo bella e non e' solo calda ma ti arriva addosso leggera e silenziosa e ti ricorda, in ogni fiocco, l'altro aspetto, quello piu' difficile, quello dell'infelicita'. Perche' in ogni felicita' c'e' un'infelicita' imprescindibile e con la quale bisogna fare i conti.

Quando mi chiedono se ora sono felice, istintivamente rispondo di si'. Ma poi sento che i piedi sono bagnati e il fiocco di neve entrato nel collo si sta sciogliendo e ho freddo. Eppure e' vero, sono felice. E forse e' solo quello il segreto. Solo per quello continua a piacermi la neve e continuo a cercare la felicita', cosi' intensamente da essere disposta a soffrirne.

E la felicita, a volte, significa solitudine. Una solitudine che arriva dall'essersi incamminati per un sentiero tortuoso, poco battuto e dove e' facile inciampare, soprattutto quando vai di fretta perche' senti che il tuo tempo non e' piu' abbastanza come se avessi vent'anni.

Due sere fa, dopo la conferenza stampa di Monti, in ascensore ero con un paio di giornalisti importanti e con qualche giovanissimo collega. Uno di questi, ignorando gli altri, mi e' venuto incontro e si e' presentato. Ho iniziato a parlare con lui e quando gli ho detto che scrivevo per il Fatto lui mi ha detto "lo so". E mi hanno guardata tutti. Come fossi una famosa. Una che conta.

Ho pensato in quell'esatto istante a mia madre e mio padre e al fatto che, sebbene con dolore, li ho resi sempre fieri di me. Ed e' stato come se nevicasse. E ho dimenticato che ero arrivata li' dopo una giornata di corse in giro a guadagnarmi la sopravvivenza, con le "scarpe buone" che mi uccidevano i piedi e una borsa che sembrava quella di Mary Poppins perche' dentro c'era tutto il necessario per far fronte a tutte le esigenze e arrivare "decente" di fronte al Presidente del Consiglio. Ho dimenticato l'arrogante indifferenza dei "colleghi" nei miei confronti (la maggior parte). Ho dimenticato i pagamenti che non erano arrivati, la domenica che avrei passato a lavorare perche' i pagamenti non erano arrivati e la stanchezza, le incertezze, le difficolta'.

C'era un giovane collega che mi aveva voluto stringere la mano. E allora forse chissa' quando, chissa' come, avevo scritto qualcosa di buono che era entrato nella testa di qualcuno. E scrivere e' tutta la mia vita. E' qui la mia passione e il mio amore. Qui sono io.

Cinque anni fa, in questi giorni, ero all'inferno. Perche' ero da sola con le mie paure e non avevo bollettini che annunciassero la neve. E per questo mi stavo preparando ad andarmela a cercare. Lontano. Molto lontano. Dove la neve arriva all'improvviso, mentre esci di casa con Dorothy e ti sembra felicita'.

E’ nata una stella: addio Whitney Houston | Angela Vitaliano | Il Fatto Quotidiano

E’ nata una stella: addio Whitney Houston | Angela Vitaliano | Il Fatto Quotidiano