Sunday, September 29, 2013

La grande disperante bellezza

Ho deciso, questa volta, di arrivare a Roma come Angie. Quella di New York.
Di guardarla con gli occhi un po' bambini dell'americano che arriva qui e ha nelle orecchie le canzoni famose italiane storpiate dall'accento alcolico di Dean Martin o Frank Sinatra.

Sono arrivata a Roma come Angie. La turista. Che non deve avere a che fare con nulla che sia vita quotidiana, politica, rogne beghe file. Realta' insomma.

La bellezza di Roma mi ha trafitto il cuore dopo venti minuti. L'ho percorsa, attraversata, calpestata, goduta, accarezzata come la schiena di un amante, ascoltata nel suo silenzio del mattino, respirata nel suo odore di glicini e orchidee.

La grande, immensa, bellezza che mi ha messo sotto sopra il cuore quando, nell'attraversare un ponte a piedi, il piu' fantastico dei tramonti si e' lasciato annegare nel Tevere silenzioso, tutto di giallo e d'oro.

Roma e' lo splendore e la bellezza e io comprendevo perche' tutti i miei amici americani mi chiedono come possa aver scelto di andare altrove. Dove la storia non esiste ma si costruisce.

Poi ieri una telefonata. Un'agenzia di recupero crediti. Un individuo con fare da mafioso che praticamente mi insultava per un arretrato di 200 euro che "noi le abbiamo comunicato" e per lui comunicare significa digitare un numero di telefono italiano, non corrispondente alla mia residenza ne' ai miei dati e che, a New York, non accendo nemmeno. L'arroganza, la spocchia, l'ignoranza e la violenza di quell'essere fetido mi ha - di botto - fatto tornare Angela, italiana in fuga. E mi e' mancata casa e la civilta' e le regole e l'obbligatorieta' alla cortesia e al rispetto. Per legge.

Mi e' mancata casa. Dove la bellezza e' di casa ma non e' spettacolo. Pero' Vivere e' spettacolare e soprattutto possibile.

Questa mattina sono scesa per fare colazione. E - con sguardo meno estasiato - salutare questo corpo meraviglioso e dolente.

Sono in via del Governo Vecchio. Un'altra mattina, un paio di decadi fa, mi svegliai qui e scesi in strada. La notte ci aveva, a noi figli di Enrico Berlinguer, dato un colpo mortale da cui non ci saremmo mai rialzati. Silvio Berlusconi aveva vinto - cntro ogni pronostico - le prime elezioni che l'allora ancora esistente sinistra doveva aggiudicarsi a man bassa.

Qui c'e' la storia. Fatta da altri secoli fa. A casa mia si fa la storia. E il mio presidente sta combattendo con le unghie e con i denti per salvare la sua riforma sanitaria, una pietra miliare nella storia disumana (da questo punto di vista del paese). Il mio presidente, sta difendendo una cosa di sinistra.

Torno a casa. Perche' la storia vada avanti.

Saturday, September 21, 2013

Tolleranza zero

Ecco oggi mi sono svegliata cosi'. Senza se e senza ma. Capita.

Ma non ho piu' tolleranza ne' sopportazione verso il razzismo. Nemmeno verso il mio che pure, a volte, emerge inaspettato.

Possiamo scegliere, pero'. Sempre. Tra il riconoscerci razzisti e trasformare le nostre attitudini e il continuare ad esserlo in maniera spudorata.

Sono zia di un nipote nero. Sono amica/sorella di una coppia di gay che sta insieme da piu' tempo di quasi tutte le altre coppie di amici etero. Sono immigrata, per fame, in un paese che ha i suoi bei problemi con il razzismo e le discriminazioni. Sono del Sud e, dunque, doppiamente discriminata. Aggiungere che sono femmina.

Sono italiana e, dunque, sono figlia del paese di Michelangelo e Leonardo. Del Rinascimento e di Rita Levi Montalcini. Del cibo buono e delle coste mozzafiato. Di Napoli e di Palermo. Di Milano e di Perugia. Ma anche di Mussolini, dei campi di concentramento, di Craxi, Berlusconi, Andreotti, dell'evasione fiscale, dell'assenza di meritocrazia, dell'ignoranza, della corruzione, di Pompei che cade a pezzi, della mafia, di Giancarlo Siani e Falcone e Borsellino. Della Terra dei Fuochi. Del Giglio. Di un parlamento ridotto ad arena di insulti. Della crisi peggiore di tutta l'europa.

Sono italiana. E per questo sono stata "costretta" ad andarmene. Per fermare l'umiliazione e la disperazione. Ho scelto New York. Sarebbe stato oggettivamente piu' facile scegliere qualche paese del Nord Europa. O la Francia che amo. Ma questa era anche una sfida per una serie di altre ragioni.

New York - che adoro - non e' stata una passeggiata. Non lo e' ancora. E' noto, perche' non mi vergogno a raccontarlo, che ho sofferto la fame. A volte, ancora capita. Ho sofferto l'umiliazione di essere ignorata da quei miei connazionali che quando venivo qui "in paranza" mi leccavano il culo. Ho vissuto la paura della solitudine dell'abbandono e della sconfitta peggiore della disperazione con la quale ero arrivata. Per sopravvivere e ritrovare quel sorriso che ora esibisco come testimonianza a me stessa di avere avuto le palle, ho dovuto attraversare l'inferno. Scarnificarmi. Togliermi tutta quella parte di italianita' fatta di supponenza, lamentele, commiserazione, dramma, presunzione, maleducazione, arroganza che mi portavo dentro, salvando pero' allo stesso tempo cio' che con questo passaporto, Michelangelo e Leonardo mi avevano donato: essere persona perbene.

Ogni giorno, ogni santo giorno ricevo lettere, mail e messaggi di persone che vanno via. Senza niente. O di mamme i cui figli vanno via, per sfuggire al niente. Sono piene di immenso dolore.

Siamo carne da macello perche' viviamo in un paese che potrebbe fare pernacchi a tutti gli altri e invece nega la felicita', la speranza e il futuro ai suoi figli. Da almeno due generazioni.

E siccome la disperazione e la poverta' e l'ignoranza (che dalle due precedenti deriva) generano mostri, eccoci diventato il paese che - oltre al resto - e' razzista, di un razzismo cupo, violento, disgustoso. Verso il neri, verso i diversi, verso i gay, verso le donne, verso i poveri, verso chi ha un pensiero diverso, verso chi e' perbene e, dunque, "scemo".

E io non ne posso piu. Oggi 21 settembre, la mia tolleranza e', onestamente ZERO. 

Friday, September 13, 2013

amori

"Ami piu' me o New York?" 

"New York. Per lei ho lasciato tutto cio' che avevo e non avevo. Per te non tornerei indietro. Ma ti accoglierei qui nella mia vita. Accetterei di dire "per sempre". E per una ragazza come me e' una grande offerta, credimi. La migliore che potessi farti".

Wednesday, September 11, 2013

11 settembre

Non dimentichero' mai quando, bambina, vidi mio padre sgomento di fronte alle notizie che arrivavano dal Cile. A casa c'era tristezza. Solo la morte di Berlinguer, ebbe lo stesso impatto sulla nostra famiglia: come se si fosse trattato della nostra famiglia. E in qualche modo era proprio cosi

Non dimentichero' mai l'immagine del secondo  aereo conficcarsi nella seconda Torre, mentre gia' devastata guardavo le notizie in tv. Ero alla federazione del PD di via dei Fiorentini. Quando il PD sapeva ancora farti sperare in un mondo migliore. Le lacrime scesero silenziose. Gli amici mi chiamarono. Il mio amore per NY era - all'epoca - gia' malattia conclamata. Vivendo qui ho ascoltato mille storie, condiviso mille ricordi. Mentre si leggono quei nomi, di cui molti italiani, ogni anno, le lacrime scendono ancora con lo stesso silenzio.

Non dimentichero' mai quella sera, l'11 settembre, quando per la prima volta dicesti di amarmi. Lo dicesti sull'uscio di una porta, mentre mi chiedevi se volevo un bicchiere d'acqua. "Vuoi acqua? A volte, sai, ti guardo e penso proprio di amarti". E mi sorridesti prima di scomparire dietro quella porta. Il nostro 11 settembre non e' mai finito. Come non finiscono gli altri.

Il loro peso nella mia vita non si alleggerira' mai. Sentiro' per sempre tutto quel dolore e tutto quell'amore. E la meraviglia di essere qui a raccontarlo.