Sunday, May 30, 2010

Facile.

C'era, mi ricordo, una pubblicita' che diceva (credo che fosse un'auto), "facile da amare". Non so se lei lo fosse. Le uniche auto che abbia mai posseduto sono state nell'ordine: una 127 color amaranto in condivisione con mio fratello, una Uno color canna di fucile che mi hanno rubato a Napoli, in strada, come altri lazzari mi hanno derubato di altre cose, e una 127 celeste "ereditata" da mia zia e rottamata prima di partire per gli Stati Uniti. Dopo il furto della mia UNO ho giurato che non avrei acquistato (beh era un regalo di mio padre) altre auto e cosi' e' stato. L'insolenza del furto e' per me insopportabile. Quando hanno rubato la mia prima Vespa, aveva oltre 15, ho pianto per ore senza tregua. Ho sinceramente capito cosa fosse l'odio. Quella furia cieca che, se avessi un'arma, ti farebbe premere un grilletto. Per questo sono FERMAMENTE contraria alle armi. Perche' uccidere non ha MAI senso e MAI ragione. Non ho mai piu' amato una Vespa come avevo amato quella, regalo di mia cognata Nicle e mio instancabile Ronzinante. Al suo posto ho preso il motorino piu' brutto e inappetibile che ci fosse. E quando e' morto mio padre mi ha regalato un Liberty nuovo di zecca. Il mio primo mezzo di locomozione tutto nuovo e tutto mio. L'ho tenuto per oltre un anno dopo la mia partenza. Separarmene per me e' stato un altro di quei momenti che ti si incrinano le poche certezze che hai e ti chiedi "ma cosa sto facendo?" Un giorno, prima di una casa, prima di un paio di Manolo, prima di un vestito di Armani, comprero' un'altra Vespa, qui, usata, gialla come i miei stivali per la pioggia e, mentre attraversero' il parco da ovest ad est, il vento in faccia mi stendera' la pelle facendomi risentire come se avessi vent'anni e sorridero'.
Non so, dicevo, se quell'auto fosse facile da amare come diceva la pubblicita'. So, pero', con certezza matematica che io non lo sono. Non sono facile e non rendo facile amarmi. Ho una ruvidezza che, spesso, allontana la mano di chi tenta di farmi una carezza. Non e' stato sempre cosi'. Scrivere e' l'unico luogo in cui mostro il "blind side", il lato debole e facilmente attaccabile. Quando scrivo, scavo fino in fondo alle vene, incido, apro falle e abbatto muri per lasciare uscire cio' che c'e'. Per questo quando finisco sono spossata e non riesco nemmeno a rileggere cio' che e' uscito dalla mia "penna". Quando scrivo, come un porcospino, ritraggo le spine alla mia stessa mano e lascio che le parole mi accarezzino, mi curino, mi medichino, anche se questo puo' dare , a volte, la stessa sensazione che mettere alcol su una ferita.
Nell'altra vita, pero', quella che attraverso ogni giorno come attraversassi un campo di battaglia, ho le mie trincee: alte e solide. Molto solide. Ho impiegato anni a costruirle. E non voglio liberarmene. Esporsi alla battaglia senza trincea e' da stupidi, da veri folli che hanno una visione romantica del vivere che non e' la mia. Il mio romanticismo e' pregno di un salutare e benefico illuminismo che mi fa dare alle cose il loro nome. Forse suona strano per una che si "vende" dicendo che sta costruendo un sogno. Ma fra sogno e illusione c'e' una differenza. Il sogno e' quella visione che ti spinge a rimboccarti le maniche e a lavorare senza sentire la fatica che ti uccide, ingoiando umiliazioni e difficolta' e inebriandoti di ogni piccolo passo in avanti, di ogni impercettibile segno della concretezza di quella visione. L'illusione e' fingersi cio' che non e' e non sara' mai. L'illusione e' andare in battaglia senza la trincea. Puoi sopravvivere perche' hai una botta di culo ma non stai seriamente combattendo per realizzare il sogno. Chi sogna e' un essere umano, chi si illude e' un martire.
I sognatori hanno trincee. E non sono facili da amare. A meno che tu non voglia farlo davvero, fino in fondo, amandoli anche senza accettarne la vita, amandoli anche senza volerli comprare, amandoli anche detestandoli. Allora si' che le trincee mostrano i varchi attraverso cui entrare dove quella ruvidezza non e' piu' necessaria, dove si puo' stare in silenzio tenendosi per mano.
A New York ho scoperto la forza degli abbracci. All'inizio mi ritraevo un po'. Poi ne ho scoperto il valore. Da noi ci si abbraccia poco e lo si fa con un certo distacco. Qui ci si abbraccia molto. Moltissimo. Per infinite e diverse ragioni. Ci si abbraccia fra donne, fra uomini, fra amici e conoscenti. E ci si stringe forte. Non sono mai abbracci accennati o appena mimati. Sono abbracci veri. Un giorno il mio portiere ha abbracciato la mia amica che aveva perso la mamma. Li guardavo e mi sono commossa. Non hanno detto una sola parola. Lui, un afro americano ha detto "Lisa" e ha stretto a se' una donna bianca, alta e con gli occhi azzurri pieni di lacrime e sono stati cosi' per alcuni secondi. Un abbraccio sa dire tanto. Forse mi sbaglio, ma non ricordo che in Italia ci sia quest'abitudine all'abbraccio. C'e' l'abitudine alle "parole" ma non ai gesti d'amore.
Qui si parla meno. Il tempo e' denaro e le persone inseguono visioni e, quindi, hanno trincee. Proprio come me. Ma per molti di loro ho aperto varchi e abbassato ponti levatoi. Quando non hanno avuto timore delle mie spine.
Ho delle amiche in Italia da una vita, dai banchi di scuola. Rosanna, Antonella, Tina, Lina, Suorliana. Loro sono porti sicuri in cui posso tornare mille e mille volte senza nemmeno mettermi gli anfibi ai piedi. Con loro posso dimenticare di essere un soldato. Sono e saro' sempre la compagna di classe un po' cicciotella e piena di ricci. E loro sono il divano di fianco alla finestra, dove ti siedi a bere una tazza di te', con un plaid sulle gambe, socchiudendo gli occhi al sole che ti riscalda. Senza difenderti da nulla.
E c'e' un'amica con cui ho diviso i fiocchi ed i grembiuli. Mimma era la mia amica di classe all'Istituto Matteo Mari di Salerno. Ricordo poco ma ricordo che era la mia AMICA. Ci siamo perse come spesso avviene. Ma lei mi ha ritrovato con Facebook e la ringrazio per questo perche' con lei ho ritrovato anche quella bambina che ero e che rischiavo di dimenticare. Mimma suona e mi sembra di sentire le sue note anche da qui. Anche senza averle mai ascoltate. Perche' ci sono le trincee e ci sono i ponti levatoi tirati su e, a volte, il cuore e' chiuso dentro l'ultima stanza, nella torre piu' alta del castello, ma non smette mai di ascoltare e di sentire chi sa suonare le note giuste.

4 comments:

Unknown said...

In realtà scrivendo queste parole non hai fatto altro che abbassare il ponto levatoio verso tutti noi e uscire dalla trincea! Tutto sta nel capire quando "disarmarci". Le tue parole sono sempre un ottimo spunto di riflessione per i sentimenti e per i rapporti verso il mondo che ci circonda. Soprattutto grazie per raccontarci "a cuore aperto" di questi strani e complessi meccanismi studiati da Qualcuno per consentirci di confrontarci e volerci bene.

suorliana said...

Lunghi riccioli, volto tondo, sorriso alle orecchie, sicurezza di sé, battagliera, pronta a sostenere con forza e coraggio gli ideali che la muovono ... ecco la Angela che mi sono portata dietro per tutti questi anni, e ritrovarla adesso, non mi meraviglia, è sempre lei, lei che si ritiene un riccio, ma che con la sua solarità ha sempre saputo trasmettere anche a chi, come me si sentiva un pizzico tra tanta "scienza", la certezza che se si vuole si può.
Sì, Angela, è così che ti ho portata nel mio cuore e nei miei ricordi in questi anni.
Dopo la fine della scuola superiore mi sono dileguata, ho tagliato i ponti, ma ho portato ciascuna di voi con me, nel cuore e nella mente, e nella borsa! Pensa che le foto ricordo della V mi hanno accompagnata anche nel lungo periodo in cui ho vissuto in Romania.
La mia scelta di vita, proprio perchè diversa da quelle che usualmente si chiamano "normali", mi ha portata su strade diverse, a elaborare sogni, a volte entusiasmanti, altre scoraggianti, a percorrere insomma strade che in qualche modo mi portavano verso la realizzazione di un desiderio, il mio sogno: poter vivere la mia vita tendendo la mano a chi la volesse. Non so quanto questo sogno si stia realizzando, so solo che bisogna crederci, anche quando tutto ciò che ci circonda sembra dirci che si tratta di una utopia.
mi piace ascoltare (anche leggere) gli altri, mi aiuta a capire il cuore dell'uomo e mi aiuta a rendere il mio più umano.
Grazie ancora, allora, per le condivisioni di cui ogni giorno ci fai dono, non sempre commentiamo, ma sono certa che molti altri, come me, ti leggono e ti ringraziano accompagnandoti con un pensiero o con una preghiera...
I ponti... le trincee... è vero spesso le costruiamo, ma molto più spesso li distruggiamo anche senza accorgercene, a volte abbiamo la sensazione di essere ben nascosti, mentre in realtà siamo allo scoperto ed io penso che questo è il bello della vita ... restare allo scoperto anche se ... può essere molto, ma molto doloroso ...

PS. Faccio come te, non rileggo ciò che ho scritto, altrimenti cancello tutto, spero solo abbia senso...
sr Liana

Unknown said...

Già da quando comincio a leggere le prime parole delle tue note.,i miei occhi si inumidiscono..sempre, ma stavolta hai esagerato!!! Arrivata alle ultime righe ero in una valle di lacrime!! Ma queste emozioni sono belle Angela, ci aiutano a scavare dentro ognuno di noi , e attraverso le tue esperienze a volte belle a volte dolorose , ci aiuti a fermarci e a riflettere.Grazie amica mia , ogni tua nota per me è una lezione di vita!E vedi che anche a casa mia non mancano poltrone e divani anche abbastanza confortevoli nonchè braccia pronte ad abbracciarti anche per più di alcuni secondi!! Baci Mimma.

VERONICA said...

Angie...senza parole per te e il tuo modo unico di emozionarmi e farmi diventare gli occhi lucidi...

Amica mia, ti abbraccio a me