Tuesday, May 18, 2010

Edoardo Sanguineti

Vicoli stretti, canali, acqua, ponti sospesi e zone di silenzio. Sole negli occhi e felicita'. Felicita' che ti gonfia il cuore e lo fa volare un po' in alto, un po' piu' su di tutto il resto che fino a quel giorno era la tua vita.
Era Venezia. Era Sanguineti. Era la televisione. Parlare con lui fu come leggere un libro bello che quando lo finisci vorresti ricominciare da capo. Nel suo linguaggio, concreto come un pezzo di pane croccante, ti perdevi come ci si perde in cio' che davvero conta nella vita: lo sguardo di un bambino, lo scondinzolio di un cane, i piedi nella sabbia, il sale sulla faccia, un aereo che ti porta altrove.
Sono stata molto fortunata nella mia vita per aver potuto incontrare e "assaporare" la genialita' di persone speciali, di quelle che Dio ha creato di venerdi' quando si era esercitato talmente bene da fare dei capolavori. Ricordo una chiacchiera agrodolce con Vittorio Gassmann, le gran risate con Gerard Depardieu, una cena con Guccini e Bergonzoni, lo strizzare d'occhi di Robert De Niro, il muoversi di mani di Dario Fo e la gentilezza inaspettata di Leonardo Di Caprio. Ricordo Diego Armando Maradona. E una serata di cibo e chitarra nella mia casa senza sedie, con Giorgio Gaber.
E' strano. Del mio periodo in Rai, quando ero "ricca" e piena di illusioni per il futuro, ricordo poco. La lucina rossa della camera, la mano che mi segnava 5-4-3-2-1 e le parole che uscivano dalla mia bocca con una semplicita' irreale. Non avevo mai un testo scritto. Conoscevo i miei ospiti e l'argomento di cui avremmo parlato e mi bastava. Avrei potuto fare quello per sempre senza stancarmi mai. Lo avrei fatto bene, come lo facevo. Ma non ho pagato (come sapete) i prezzi che si pagano e tutto si e' dissolto troppo presto lasciandomi solo con l'amaro stupore di chi si scopre un'idiota ad aver pensato che far bene il proprio lavoro e' tutto cio' che serve per tenerselo. Non in Rai, non in Italia, spesso nemmeno qui. Ma qui, a New York, il merito conta. E molto. Della Rai ricordo soprattutto i miei truccatori e parrucchieri. Quello era il momento preferito della miagiornata. E amavo quelle salette in cui incontravi tutti e ascoltavi tutti i pettegolezzi piu' incredibili, ai quali mia madre non voleva mai credere.
Non ho rimpianti. Ho rabbia, a volte. Ma rabbia sana. Non per la mia singola storia ma perche' la mia e' tassello di un puzzle tristissimo di persone che vengono accartocciate e gettate via senza rispetto e che arrivano persino a credere di non valere nulla. E' facile pensare che chi e' arrivato sia bravo. Non e' cosi. Spesso chi arriva, in Italia, ha viaggiato con autista e limousine senza nemmeno sapere quale fosse la direzione, mentre noi camminiamo con i pesi ai piedi e le dita che sanguinano.
Ma, per non essermi arresa, la vita mi ha ripagato e mi ripaga.
"Beata te" mi sento dire spesso. Me lo sono sentita dire spessissimo da un' "amica" che si lamenta come sempre della sua vita mentre indossa scarpe e borsa che pagherebbero il mio affitto.
Non me lo dice solo lei. Me lo hanno detto decine di quegli ex amici la cui busta paga ogni mese segna cifre a vari zeri e che non sanno cosa significhi fare il conto alla rovescia ogni mese perche' non sai se riuscirai a pagare l'affitto. Me lo hanno detto seduti dietro scrivanie di uffici in cui non avrebbero mai messo piede se fosse esistita giustizia e meritocrazia. Me lo hanno detto come si direbbe a un bambino che muore di fame che gli regaleremo un IPad. Me lo hanno detto perche' hanno dei vuoti dentro che gli hanno inghiottito ogni barlume di umanita'.
Chi me lo ha detto sa che e' anche per quel loro stare seduti dietro quelle scrivanie, da dove io sono stata "cacciata" per fargli posto (a loro che dicevano sempre di si) che ora sono qui a ricominciare tutto da capo. Qualcuno ha finto lacrime e fittizio dolore quando, dopo essermi dileguata silenziosamente, senza nemmeno salutare, mi ha scritto qualche mail di circostanza.
E so che a leggermi non sono loro ma voi che siete come me, "beati" solo perche' vi siete rimboccati le maniche e avete ingoiato lacrime e amarezza senza mai perdere il sorriso.
A New York dovevo arrivare in prima classe e con un lavoro di quelli "fighi". Ma grazie a uno di quelli seduti dietro una di quelle scrivanie ci sono arrivata in economy e piena di dolore.
Ma oggi ripenso ad un ponte sospeso sull'acqua silenziosa e cupa e al sole in faccia mentre le parole di Sanguineti mi scivolavano nelle vene come sangue rigenerato e pronto a portarti fino al cielo.
No, non ho rimpianti. Ognuna delle mie ferite e' accompagnata da una nuova percezione della bellezza. Ognuna delle mie ferite e' stato viatico verso occhi che ridono e illuminano come quelli che mi vedo sulla faccia e che davvero, sebbene sembri retorico, nessuna Mastercard potra' mai acquistare.

2 comments:

rosanna del vecchio said...

mia cara, grazie di questo bellissimo pezzo!
Ti avevo chiesto d parlarmi un po'di te e tu lo stai facendo in questo blog.
Non pensavo che avessi vissuto le cose che hai vissuto.
Però vede che nessuna bruttura è riuscita a spegnere la luce della poesia dentro di te.
un bacio

Unknown said...

Stupende parole, mon cherie. Vendersi non appaga mai le persone come noi che hanno orgoglio e dignita' di se stesse.