Thursday, March 31, 2011

Traslocando

Piove a New York e domani aspettiamo la neve. Ma e' solo un pesce d'aprile. Alla fine la primavera arrivera' anche qui.
Ho un piccolo angolo libero, tutt'intorno alla scrivania e scrivo. Mentre dovrei finire di impacchettare per l'ennesima volta le cose della mia vita....
Ma scrivo. Cosi mi resta un senso di questo mio continuo muovermi alla ricerca di qualcosa. Quella che genericamente chiamiamo felicita'.
Nella nuova casa la felicita' e' rappresentata per ora da piccole cose: l'ascensore prima di tutto. Tre armadi. E una cucina piccola ma persino con la lavastoviglie. Che non usero' per non pagare troppa corrente. Ma avercela ;)
Io e le mie "case". Una storia senza fine.
Quella che ho amato dipiu', e' stata la mia prima da sola. In via Petrarca. Non avevo nemmeno le sedie ma l'amavo. Li' sono stata felice e molto. Li' ho avuto giorni di amici e feste e cene. E il freddo. Ah come me lo ricordo. Anche quella sera che invitai a cena Giorgio Gaber e tutta la sua banda. Seduti a terra perche' avevo 4 sedie in totale piu' quelle prestate dai miei amici: la famiglia Pistone. C'era cibo e tanta gente seduta qui e la nel mio soggiorno e c'era Giorgio che si teneva il cappotto per il freddo che faceva. Ma poi divento' piu' caldo. E lui prese la chitarra e cominicio' a suonare "vengo a prenderti stasera...." e "non arrossire..." e tante altre. Gaber era una persona straordinaria. Mi disse, allora, tanto tempo fa, che le persone come me (tante) nel nostro paese sono "ripudiate", invece della guerra.... quasi per costituzione.

Poi ricordo il "tugurio" come lo chiamavo. Senza luce ne' aria. Quanto piangevo. I traslocatori erano senza parole perche' sono arrivata li' e ho cominciato a piangere senza sosta. Ero negli inferi e non riuscivo a vedere il cielo. Nemmeno un anno e via, una casa al 5 piano senza ascensore ma vedevo Capri e avevo balconi e aria e luce. Era bellissima. E avevo Dorothy gia' con me.

L'ultima e' stata quella di Posillipo. Quella del balcone bello dove facevo colazione ogni mattino con gli occhi semichiusi per il sole. L'ultima immagine di Napoli che mi resta tatuata negli occhi. Il mio timbro sul passaparto per il mondo. Da li' ho guardato mille volte la bellezza fino a ferirmi gli occhi. Ma l'ho riconosciuta in mezzo al volgare abbandono degli uomini. E ora riesco a riconoscerla ovunque.

La prima casa di New York e' stata al Queens. Ho imparato ad amarla anche se ne ho riempito ogni angolo con le mie paure e le mie lacrime. Come quel 18 giugno quando lei se ne ando'. E io pensai di andarmene insieme. Perche' mi senti' persa.

Ma ci si ritrova sempre. Per strade strane e percorsi tortuosi. Inseguendo il profumo del vivere. Quello che ti arriva dal naso alle orecchie e agli occhi e ti irradia di felicita'. Sono dipendente dalla vita. Non riesco a farne a meno.

Oggi una nuova casa. Un giorno Edgar Allan Poe, nello stesso posto compose Raven.

Io spero solo di comporre le pagine di questa mia ricerca instancabile verso il sorriso.

E salire con l'ascensore e' una bella soddisfazione quando si ha voglia di stare in alto per godersi l'azzurro del cielo.

1 comment:

Anonymous said...

Leggere della tua vita da sola che talvolta è stata come un sonetto che zoppica sulle quartine contribuisce a noi, tuoi lettori, di scorgere un pochino più in là del tuo recinto. Generalmente dalla casa di una persona si possono evincere caratteristiche dell'inquilino che ivi abita e certamente le mura che ti hanno ospitato in questi anni se potessero parlare narrerebbero una vita piena di lotte e sogni, gioie e amarezze, delusioni e ripartenze. Una nuova casa. Nuovi sogni e non mi sorprende più leggere delle tue descrizioni cogliendone sempre la meraviglia. Adoro il tuo mordere al collo la vita succhiandone il sangue e offrendolo da bere a chi ti circonda. E' una qualità rara che non svanirà mai. Cambiassi pure 1000 case.
Leonardo