Sunday, March 27, 2011

New York, ti amo



A quest'ora probabilmente volavo. Ma con un quintale di peso a tenermi fermo il cuore. Volavo verso la voglia di felicita' ma avevo il cuore a pezzi per cio' che dietro le mie spalle sembrava gia' sbiadire e allontarsi.
Si perde sempre qualcosa quando si va via. Si perde la quotidianeita' di chi ti e' caro e che nemmeno skype o la tecnologia piu' avanzata ti puo' restituire. Si perde e nulla te lo puo' restituire. Nulla ti puo' restituire il senso di dolore e frustrazione quando due persone a me care, molto care, sono mancate e io non avevo i soldi per volare a casa e piangere sul loro improvviso silenzio. Nulla ti puo' restituire, l'irripetibile gioia di occhi innamorati che diventano, davanti a Dio o solo davanti alla loro anima, una famiglia.

Eppure volavo. Forse sapendo tutto cio' ma senza saperlo perche' altrimenti avrei fermato il volo e sarei tornata indietro.

Ho vissuto in apnea a lungo. Spazzando via i pensieri e i dolori che mi opprimevano. Mettendo a tacere le paure con le quali poi, un giorno, sono finalmente, diventata amica.

Quattro anni e un amore mai nemmeno intaccato da un dubbio. New York mi ha ridato la vita e io provo ad onorarla ogni giorno come il bene piu' prezioso.

Delle citta' che sono state casa ricordo i suoni e gli odori. Di Napoli ricordo il suono delle pentole nelle cucine, dei motorini in strada, del pulcinella che passava nei vicoli la domenica, dei ragazzini che giocano a pallone, e il rumore del sole che ti spinge a ballare un altro ballo anche se i piedi ti fanno male. E ricordo l'odore del ragu' e del mare, l'odore della pioggia sull'asfalto infuocato e l'odore acre dei vicoli che, stranamente, e' lo stesso in ogni vicolo di mondo.
Dell'Avana ricordo rumori di gente che cammina, rumori di musiche meravigliose e rumori di bicchieri di mojito e cubra libre. E l'odore del "gasoline" che mi travolse all'aeroporto, e del loro"ron" che ti brucia la gola e l'odore della sabbia di Cayo Largo dove ho capito per la prima volta cose fosse il paradiso.
I rumori di New York sono le sirene, sempre una, da qualche parte in sottofondo; il rumore del silenzio che non ti aspetti mai in una citta' cosi inarrestabile. Il rumore di Times Square che dopo due minuti non riesco a sopportare ma da cui puoi cosi' facilmente fuggire via. E l'odore dell'erba di Central Park, soprattutto dopo la pioggia; l'odore di cibo, sempre, ad ogni angolo di strada: spezie e intrugli meravigliosi che ti fanno sentire in mezzo al mondo, parte di esso e sua creazione. E l'odore della speranza che non e' per tutti. Non per molti nasi "italiani" disabituati a tale sensazione. L'odore della speranza. Per annusarlo devi guardare in alto, a quell'azzurro di cielo fra un palazzo e l'altro, lontanissimo eppure li', a portata di occhi e di cuore.
Ti pizzica il naso l'odore della speranza, tanto e forte. Soprattutto se non lo senti da tempo. Se non lo hai mai sentito potrebbe farti svenire.

New York non e' il paradiso ma mi ha restituito alla vita. Quella che il mio paese mi aveva tolta, calpestandola senza dignita'.

La mia vita e' difficile ma io la amo. E' una VITA. Non una sopravvivenza. Qui nessuno si preoccupa di cosa fai per "pagare" il tuo sogno. Qui guardano al sogno e a quello solo. E alla tua incessante fatica per realizzarlo.

In Italia, per molti, sono, lo so, una perdente. Perche' fatico a mettere insieme il pranzo con la cena e per farlo non disdegno i lavori piu' umili. Per gli americani, sono una donna fiera e "COOL" e mi aiutano e mi sostengono. Senza di loro non ce l'avrei fatta. E mi spiace per chi, ottusamente, continua a vederli solo come un popolo che fa la guerra perche' questo ci fa sentire meno peggio, visto lo stato di disadorna vergogna in cui e' ridotta l'Italia.

Quattro anni fa, a quest'ora, volavo e, forse, desideravo solo morire. Dopo quattro anni, desidero solo vivere ancora a lungo per riempirmi gli occhi della felicita' alla quale, come questa citta' mi ha ricordato, tutti gli esseri umani dovrebbero avere diritto.

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