- vado di fretta
- ho baciato un semi sconosciuto sotto la neve
- ho fatto la fila per vedere Sex and the City the Movie
- vado in palestra (ci vado davvero)
- vado in bici (ci vado davvero) e me la porto in spalla per le scale
- ho abitato in una casa (diciamo casa) con i topi
- ho avuto la mia stalker personale
- ho pianto seduta alla finestra come Rachel in Friends
- mi sono persa a Downtown
- bevo iced coffee (che non e' caffe freddo) e frappuccino
- amo fare colazione da Alice's Tea Cup
- mangio everything bagels con cream cheese
- bevo Cosmopolitan e Vodka martini (anche voi ma io a Manhattan)
- ho avuto il portafogli vuoto e mi e' sembrato "romantico"
- ho terrore dell'IRS
- ho viaggiato in metropolitana da sola di notte alle 3 e non c'era nemmeno posto a sedere
- sono stata salvata dai Vigili del Fuoco
- ho imparato a dire "voglio parlare con un supervisor"
- un uomo mi ha dato appuntamento a mezzanotte ad un bistrot francese, e ci sono andata
- sono andata al cinema di mattina
- ho guardato una partita di baseball allo stadio senza capirci nulla
- ho guardato i Knicks sul floor del Madison, seduta di fianco a John McEnroe (con il quale mi incontro spesso anche al supermercato)
- ho giocato a pallone a Central Park con un attore famoso. Ho fatto gli addominali in palestra con un attore famoso. Ho cucinato per la moglie di un attore famoso.
- ho chiacchierato al ristorante giapponese con Cynthia Nixon (Miranda Hobbes) per una decina di minuti e ho pensato che potevamo essere grandi amiche
- mangio giapponese, cinese, vietnamita, messicano, vegano, ma solo in ristoranti con la A (e i newyorchesi sanno perche')
- ho ballato per strada con degli sconosciuti
- amo "hot yoga" e tutti i maschi seminudi che lo praticano
- sono caduta
- mi sono rialzata
- sono stata a Natale da sola. E non mi piaceva
- aspetto il giorno del Ringraziamento come lo avessi fatto sempre
- ho scambiato Adrien Brody per un cameriere e gli ho chiesto un drink
- mi sveglio presto
- ho comprato una macchina fotografica
- ho uno di quei cosi al polso che ti conta pure i pensieri superflui oltre ai passi e alle calorie
- ho iniziato a fare meditazione
- ho molti amici gay (anche in Italia ma qui si sposano e hanno bambini)
- faccio la spesa online
- ho trovato 10mila dollari sul mio conto in banca (e li ho restituiti)
- conosco le festività ebraiche e so come augurare "buona fortuna" e "buon anno" nella loro lingua
- sono uscita a passeggio con dorothy in pigiama
- porto i tacchi che Carrie Bradshaw sarebbe fiera di me
- mi sono finalmente innamorata di me, ed era ora
- ho avuto un fidanzato uguale a Jon Bon Jovi e che mi preparava i brownie e suonava la chitarra per me.
- uso i barattoli di vetro come bicchieri.
- dico "motherfucker" senza nemmeno doverci pensare.
- non dico più "se", ma "quando"
- adoro il brunch
- parlo di sesso con le amiche (con tanto di voti e classifiche)
- spesso sento di essere felice
one day, I finally decided that I wanted to be happy. And I moved to New York, with few stuff and the love of my life: Dorothy. My journey is still amazingly challenging but I learnt that I am unstoppable. And everybody should be the same.
Monday, June 23, 2014
50 motivi per cui sono New Yorchese doc
Tuesday, June 17, 2014
Meraviglioso
zie Elena cantava sempre. Non perche' fosse particolarmente intonata ma perche' era la sua reazione al peso del silenzio, quando il silenzio non e' leggero e accogliente, ma pesante e carico di dolore.
Allora lei cantava. E lo raccontava
Lei ha passato la vita a raccontare. Di quella sua vita in cui c'erano mille altre vite: Genova, i miei nonni, il fascismo, la fame, la povertà, le Cotoniere di Salerno, il buio che le faceva paura e che l'avvolgeva mentre da Cava, al mattino presto, si recava al lavoro, zio Arturo, l'amore suo, quel pazzo indomito mai domato e sempre amato come fossero due ragazzi attraversati dalla bellezza sfacciata dei vent'anni.
Lei raccontava di mio padre. Delle biglie con cui giocavano. Di quella volta che fecero indigestione di carrube. Conosco dolori di mio padre perché' li raccontava lei. Con la sua grazia. Con il suo sorriso. Con quella leggerezza che ci faceva apparire anche il ricordo più dolente, come qualcosa di bello, perché vissuto.
Lei era piccola ma forte. Lei era fragile nelle ossa ma non voleva mai essere aiutata. Lei faceva il gateau di patate più buono al mondo.
La sua casa era la nostra oasi di felicita'.
Non l'ho mai vista "vinta", nemmeno quando lo era in qualche parte remota perché la vita non e' mai facile per nessuno.
Lei mi scriveva biglietti che ora mi porto dietro sempre. Nel portafogli e rileggo e rileggo e rileggo.
Quando parti' mi scrisse "buon viaggio, piccola grande donna. Ti voglio sapere serena, pensa a me e lo sarai". Ed io la penso. Spesso.
Avrebbe amato New York. "Se incontri Robert De Niro dagli un bacio da parte mia e appena puoi mandami una cartolina". Lei e le sue mille cartoline conservate. Lei. Una vita trapuntata di gesti d'amore, parole d'amore, sorrisi d'amore e note d'amore.
"Quando ero a Fratte, zio Arturo disoccupato, Silvana malata, senza soldi, salivo in terrazza a stendere i panni, con la voglia di piangere e cantavo". Cantava Modugno e la sua Meraviglioso.
Ecco chi sono io. Ecco da dove vengo. Ecco perché, anche quando mi sembra di crollare, d'improvviso sento una mano accarezzarmi il viso e la sua voce che mi dice "piccola, mannaggia al demonio". E allora rido. E aspetto di incontrare Robert De Niro per dargli quel suo bacio. Perché lo merita. Lui.
Allora lei cantava. E lo raccontava
Lei ha passato la vita a raccontare. Di quella sua vita in cui c'erano mille altre vite: Genova, i miei nonni, il fascismo, la fame, la povertà, le Cotoniere di Salerno, il buio che le faceva paura e che l'avvolgeva mentre da Cava, al mattino presto, si recava al lavoro, zio Arturo, l'amore suo, quel pazzo indomito mai domato e sempre amato come fossero due ragazzi attraversati dalla bellezza sfacciata dei vent'anni.
Lei raccontava di mio padre. Delle biglie con cui giocavano. Di quella volta che fecero indigestione di carrube. Conosco dolori di mio padre perché' li raccontava lei. Con la sua grazia. Con il suo sorriso. Con quella leggerezza che ci faceva apparire anche il ricordo più dolente, come qualcosa di bello, perché vissuto.
Lei era piccola ma forte. Lei era fragile nelle ossa ma non voleva mai essere aiutata. Lei faceva il gateau di patate più buono al mondo.
La sua casa era la nostra oasi di felicita'.
Non l'ho mai vista "vinta", nemmeno quando lo era in qualche parte remota perché la vita non e' mai facile per nessuno.
Lei mi scriveva biglietti che ora mi porto dietro sempre. Nel portafogli e rileggo e rileggo e rileggo.
Quando parti' mi scrisse "buon viaggio, piccola grande donna. Ti voglio sapere serena, pensa a me e lo sarai". Ed io la penso. Spesso.
Avrebbe amato New York. "Se incontri Robert De Niro dagli un bacio da parte mia e appena puoi mandami una cartolina". Lei e le sue mille cartoline conservate. Lei. Una vita trapuntata di gesti d'amore, parole d'amore, sorrisi d'amore e note d'amore.
"Quando ero a Fratte, zio Arturo disoccupato, Silvana malata, senza soldi, salivo in terrazza a stendere i panni, con la voglia di piangere e cantavo". Cantava Modugno e la sua Meraviglioso.
Ecco chi sono io. Ecco da dove vengo. Ecco perché, anche quando mi sembra di crollare, d'improvviso sento una mano accarezzarmi il viso e la sua voce che mi dice "piccola, mannaggia al demonio". E allora rido. E aspetto di incontrare Robert De Niro per dargli quel suo bacio. Perché lo merita. Lui.
Sunday, June 8, 2014
Nascite
Quando Diego Armando Maradona si alzo' e chiamo' Antonio Careca e insieme (anche a molti altri) cantarono "Tanti auguri a te", per me e solo per me, pensai che la vita si fosse raddrizzata, che le delusioni fossero alle spalle e anche la mia precarietà.
In fondo ero brava. Certo avevo dubitato perché se continuano a trattarti come se fossi un nulla vestito da niente, poi ti convinci che tu sia anche meno di quello. Se ti capita che qualcuno possa scegliere di metterti da parte solo perché' non gli piacciono i tuoi capelli, allora non solo non vali nulla ma sei pure indegna di essere trattata dignitosamente.
Mentre Maradona, il mio Maradona, quello che con la palla al piede aveva fatto sognare una citta' che, troppo spesso, sa solo piangersi addosso, mi faceva gli auguri in musica, io pensavo che quello era l'inizio. L'inizio di me che mi toglievo gli schiaffi da faccia. L'inizio di me che avevo ragione, perché mantenere la schiena dritta era un valore non un impedimento. L'inizio di me. In qualche modo ma inizio.
E lo fu. Fu inizio di una fine. Di giorni consumati fra la tentazione di restare in quella citta' che mi scorreva nelle vene come ossigeno e quella di abbandonarla perché l'ossigeno arrivava ai miei polmoni come fosse catrame di mille sigarette. E mi stava uccidendo.
Da allora ho vissuto sempre compleanni più "solitari". Lontano dagli affetti più importanti, quelli che in certi giorni, come un compleanno, diventano lame conficcate nella carne. E sempre, ogni anno, ho pensato che "pero', cazzo, Maradona".
Non ci sara' mai piu' Maradona a cantarmi "tanti auguri" e non so se potrò ancora mai trascorrere questo giorno, almeno una volta, con i miei genitori. Con la mia famiglia. Pero' so che nulla nella vita e' gratuito e questo prezzo e' cio' che - giustamente - va pagato per godere delle mia ritrovata dignita'.
Quel ricordo, pero', quell'augurio di compleanno che e' impresso a fuoco nella mia memoria, e' un bellissimo regalo perché mi ricorda sempre che, che solo osando, si puo' ottenere un pezzetto di felicita'. Io "osai" chiedere a Diego, incurante di un suo possibile rifiuto, di farmi gli auguri. Lui sorrise, si alzo, mi bacio' sulla guancia e canto'. Perché avevo osato. Ecco, da quel punto di vista, qualcosa inizio' davvero quel giorno. Iniziai io come sono, sempre pronta a sfidare e osare. Perché in fondo penso di non aver nulla da perdere. Anzi no, da perdere avevo un dolore infinito accumulato nel tempo. Oggi mi sono resa conto che, a furia di osare, me ne resta poco. Tutto il resto sono solo chili superflui.
Da domani mi metto a dieta.
In fondo ero brava. Certo avevo dubitato perché se continuano a trattarti come se fossi un nulla vestito da niente, poi ti convinci che tu sia anche meno di quello. Se ti capita che qualcuno possa scegliere di metterti da parte solo perché' non gli piacciono i tuoi capelli, allora non solo non vali nulla ma sei pure indegna di essere trattata dignitosamente.
Mentre Maradona, il mio Maradona, quello che con la palla al piede aveva fatto sognare una citta' che, troppo spesso, sa solo piangersi addosso, mi faceva gli auguri in musica, io pensavo che quello era l'inizio. L'inizio di me che mi toglievo gli schiaffi da faccia. L'inizio di me che avevo ragione, perché mantenere la schiena dritta era un valore non un impedimento. L'inizio di me. In qualche modo ma inizio.
E lo fu. Fu inizio di una fine. Di giorni consumati fra la tentazione di restare in quella citta' che mi scorreva nelle vene come ossigeno e quella di abbandonarla perché l'ossigeno arrivava ai miei polmoni come fosse catrame di mille sigarette. E mi stava uccidendo.
Da allora ho vissuto sempre compleanni più "solitari". Lontano dagli affetti più importanti, quelli che in certi giorni, come un compleanno, diventano lame conficcate nella carne. E sempre, ogni anno, ho pensato che "pero', cazzo, Maradona".
Non ci sara' mai piu' Maradona a cantarmi "tanti auguri" e non so se potrò ancora mai trascorrere questo giorno, almeno una volta, con i miei genitori. Con la mia famiglia. Pero' so che nulla nella vita e' gratuito e questo prezzo e' cio' che - giustamente - va pagato per godere delle mia ritrovata dignita'.
Quel ricordo, pero', quell'augurio di compleanno che e' impresso a fuoco nella mia memoria, e' un bellissimo regalo perché mi ricorda sempre che, che solo osando, si puo' ottenere un pezzetto di felicita'. Io "osai" chiedere a Diego, incurante di un suo possibile rifiuto, di farmi gli auguri. Lui sorrise, si alzo, mi bacio' sulla guancia e canto'. Perché avevo osato. Ecco, da quel punto di vista, qualcosa inizio' davvero quel giorno. Iniziai io come sono, sempre pronta a sfidare e osare. Perché in fondo penso di non aver nulla da perdere. Anzi no, da perdere avevo un dolore infinito accumulato nel tempo. Oggi mi sono resa conto che, a furia di osare, me ne resta poco. Tutto il resto sono solo chili superflui.
Da domani mi metto a dieta.
Wednesday, June 4, 2014
http://espresso.repubblica.it/visioni/2014/06/02/news/dall-italia-agli-usa-quelle-mamme-in-carriera-che-non-vogliono-mollare-1.167797
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