Thursday, November 9, 2017

E qualcosa rimane, conversazione con Francesco De Gregori

Ci sono serate a New York, o a Frattaminore, in cui puoi e devi scegliere se prenderti estremamente, terribilmente, noiosamente sul serio o se lanciare il cuore oltre l’ostacolo e dare spazio alla parte di te a cui sono sempre stati stretti i tailleur blu o neri, con scarpe abbinate e calza velata. Quella parte di me – che ama tutto cio’ che riempie armadi e scarpiere, reclama, pero’, il diritto di indossare il tailleur per andare al mercato la domenica se ne ha voglia.
E non e’ un discorso di “abito adatto”: in un paese in cui sugli inviti ti scrivono il “dress code”, perche’ sanno che ognuno si veste, normalmente “alla come gli pare”, io ho avuto conferma di essere una personcina mai fuori luogo, noiosamente in linea con il contesto e mai volgare (che e’ l’unica cosa che poi conti davvero), seppure sempre, ma sempre, originale.
Nel palazzo dove vivo, i miei vicini di casa (sí perche’ non e’ vero che i newyorchesi ti ignorano) si dilungano spesso nel farmi i complimenti per i capelli o per un paio di orecchini o per qualcosa che indosso, fosse anche il pigiama con il quale spesso uscivo con Dorothy di prima mattina, perche’ poi magari avevo al collo delle perle .
Ma sto divagando. Come sempre. Il punto e’ che, negli anni, e in particolare a New York, citta’ dove sembra che la liberta’ di espressione, in tutti i sensi e in tutte le forme, sia l’unico discrimine fra uno che resta “stranger” (straniero, ma anche strano) e una che diventa parte e cuore di quest’esplosione di umanita’ che chiamiamo la Grande Mela, ho, finalmente, liberato, dagli arresti domiciliari, la parte di me senza tailleur.
E, a quella parte, voglio molto bene, soprattutto perche’ conserva un titolo (a noi italiani piacciono assai i titoli), quello di giornalista, che per molti, significa “noioso e serioso tanto da annoiare qualsiasi referente che preferirebbe fare un ballo stretto con Donald Trump piuttosto che parlare con te”. Il trucco, che poi non e’ un trucco se no sarebbe finto, sta nell’avere sensibilita’ e capire chi abbiamo di fronte e in che contesto.
Cosi, lunedi sera, sono andata alla Casa italiana per assistere a una conversazione con Francesco De Gregori, condotta mirabilmente da Stefano Albertini Mussini che e’ riuscito a farlo uscire un po’ fuori dalla sua “comfort zone” tanto da rivelarsi persino simpatico (come sospettavo). De Gregori, di cui alcune canzoni sono ancora oggi nel mio Ipod e che ho adorato in maniera profonda, ha detto, a un tratto, che lui risulta antipatico perche’, spesso, i suoi fan, gli si avvicinano e gli chiedono un autografo, e poi cominciano a raccontargli fatti propri, che a lui non interessano. Facile capire perche’ possa risultare antipatico, no? Eppure a me questa disincantata onesta’, mi ha fatto sorridere di gusto e ho continuato ad ascoltarlo con intatta attenzione.
Quando sono andata via, pero’, “il principe” (come lo chiamava, per prenderlo in giro, Lucio Dalla) si era fermato a chiacchierare con alcune persone del pubblico, mentre fumava una sigaretta. Mi sono fermata anch’ io e pensavo sempre di piu’ che, in fondo, era proprio simpatico. Cosi, mentre conversava con una ragazza sulla sua esigenza di cantare le vecchie canzoni in maniera diversa (mentre noi spesso siamo affezionati alle versioni originali), la parte di me senza tailleur ha esordito “comunque, ad un cantautore che ha cantato “Napul’e’” al San Paolo, con Pino Daniele, in napoletano imperfetto ma meraviglioso, e’ concesso tutto”. E’ stato cosi’ che, De Gregori, mi ha guardato e ha sorriso e ha detto “ eh si Pino mi correggeva sempre il napoletano” e con mia emozione incontrollabile ha accennato una strofa di una canzone che, per un napoletano, e’ un testamento di dolore e luce.
“Senti – gli ho chiesto, allora, ormai a briglia sciolta – ma tu sei antipatico, Pino era antipatico, come avete fatto a sopravvivere per un’intera tournee?” “Beh forse perche’ non eravamo davvero cosi antipatici”. E da li’ siamo partiti a discutere degli stereotipi secondo cui noi napoletani dobbiamo dire una barzelletta ogni due parole e far ridere pure quando abbiamo passato un guaio serio. E di come Toto’ Troisi, lo stesso Pino, non fossero dei caciaroni volgari eppure immagine della Napoli piu adorata. “Tu comunque – ha detto lui – sei proprio una di quelle che mi vede e mi vuole raccontare la sua vita”.
Ho sentito tutti ridere. “E certo – ho risposto rapida – e se non ne approfitto quando ho la fortuna di avere un’audience grazie a persone come te, quando la devo raccontare?” Lui ha riso di cuore, come un napoletano, senza fare bordello. Allora gli ho detto grazie, per essere venuto a New York e ho aggiunto “Francesco, il San Paolo applaude pochi che non parlino perfettamente napoletano: te, per esempio, e un ragazzo che si chiama Diego Armando Maradona”. Ha sorriso ancora e mi ha stretto la mano dicendo “E forza Napoli”.
Mi sono allontanata e ho acceso l’Ipod ed e’ partita “Bellammore”. Per caso. Ho sorriso. Ho guardato mia madre fra le stelle e ho realizzato che De Gregori, poi, aveva raccontato la mia vita, prima che io la raccontassi a lui “Gettero’ questo mio cuore fra le stelle un giorno, giuro che lo faro’ … e, fra la vita e la vita e la morte, scegliero’ l’America”.

http://www.isegretidimatilde.com/e-qualcosa-rimane-conversazione-con-francesco-de-gregori/

PdF 11/08/2017

pensieri di capelli spettinati da una notte di sogni agitati eppure belli come i sogni belli sanno essere: 1) felicita' e' svegliarsi e trovare un video messaggio di Marco che mi canta l'inno americano. Portarmi la mano al cuore e cantare con lui mentre, scalza, preparo il caffe. Napoletano. Perche' oggi l'America e' tornata a sperare. 2) felicita' e' il freddo che devi tirarti un plaid sui piedi mentre guardi la tv. 3) felicita' e' pensare a chi non ha saputo aspettare in questi lunghi mesi in cui il dolore mi aveva annientata e resa senza voce. Spesso solo capace di emettere un lamento. Di mendicare un gesto d'amore. Pensare a chi non ha saputo aspettare e si e' tirato dietro la porta uscendo dalla mia vita, non senza aver prima spiegato, il senso assente di un abbandono. Perche', andando via, hanno reso l'androne della mia anima, meno affollato e mi hanno reso piu' facile riconoscere chi e' rimasto. Chi non ha nemmeno dovuto aspettare. Perché con chi si ama, ci si mette di fianco in silenzio e si continua il cammino. Non si aspetta. Si continua a vivere. Insieme. 4) felicita' e' una taglia in meno. 5) felicita' e' questo scrivere che e' tornato a raccontarmi la mia vita. 6) felicita' e' aprire un pacchetto che ti ha portato un'amica: rotolo di mozzarella e prosciutto. L'infinito. 7) felicita' e' mia madre, che in sogno mi fa sentire meno senza di lei. 8) felicita' e' quando sento lo scalpiccio dei tuoi passi al mattino quando apro gli occhi, mentre aspetto di vedere il tuo muso che si allunga sulle coperte. Lo sento. E, insieme, vorrei richiudere gli occhi e essere altrove, E, invece, allungo la mano, e sento, perfetta la forma della tua testa morbida sotto le mie dita. Un amore non finisce perche' non lo vediamo. E io ti amo, Dorothy. 9) felicita' e' la lite con il cinese: lui in cinese io in napoletano. Riconoscendo gli insulti. 10) felicita' e' oggi. E ogni oggi che ci vedra' vivi.

PdF 11/03/2017

pensieri di venerdi con capelli biondo verde spettinati che mi raccontano una storia d'amore: 1) felicita' e' avere passione. Per qualcosa. Mai contro. La passione contro rasenta l'odio, crea rabbia, annichilisce quel poco di buono che si e' riuscito a formare in una foresta di ombre. Passione per. Come quella dei miei amici per il calcio. La mia per la politica e per le istanze sociali. Passione per la cucina, perche' il cibo e' condivisione e tavoli intorno ai quali ci si stringe come fosse un abbraccio. E l'odore di pizza che arriva dal forno... e sono solo le 9. 2) felicita' e' concentrarsi e sentire il proprio centro quando lo stai perdendo, quando stai per lasciarti andare. Respirare e sentirsi. Sentirsi. E fare spazio: buttando via la rabbia e la furia. Lasciando la passione pero'. Quella si. Quella non fa mai rughe, come le lacrime di gioia. 3) felicita' e sapere che molti andranno via, compreso Trump, e io restero'. Noi resteremo. Perche' il sole sorge sempre. 4) felicita' e' questo racconto da finire che mi ha fatto rivivire un momento della mia vita. Una mia passione: Napoli. 5) felicita e' un rossetto rosso che ti passi sulle labbra e ti sembra di esserti protetta il cuore dalla miseria della superficialità. 6) felicita' e' un salame paesano in arrivo. 7) felicita' e' mia madre che mi guardava come si guarda qualcosa di perfetto. Giusto prima di dirmi "aggiustati quei capelli". 😎 felicita' e' sapere che ho amato Dorothy piu di quanto pensassi. Scoprirsi capace di tanto amore e' un conforto. Il dolore anche e' conforto. 9) felicita' e' indossare u vestito nuovo di velluto nero. Uno dei miei materiali preferiti. Velluto in seta. 10) felicita' e' regalare anche solo un alito di felicita' con queste mie parole, anche a chi non conosco e il cui volto mai si avvicinera' al mio in una carezza

10/28/2017



pensieri di capelli spettinati di un sabato mattina in cui il sorriso e' lieve, come la felicita' che si era nascosta in una ruga appena accennata e, dolcemente, finalmente, ti illumina il viso: 1) felicita' e' il mio naso nell'incavo della tua scapola. 2) felicita' e' un te' caldo a letto, mentre una carezza di sole mi accarezza il viso. Come fosse mia madre. 3) felicita' e' il profumo della mia casa mischiato al sudore della mia quotidiana battaglia per non lasciarmi trascinare in basso dalla mediocrità. 4) felicita' e' un post letto 9000 volte. 9000 volti da immaginare, occhi da incrociare, vite da attraversare. Solo con le mie parole. Come fossero abbracci infiniti. 5) felicita sono le scarpe con il tacco, dopo giorni di ballerine. Per interrompere il percorso monotono del camminare. Anche a costo di prendere una storta. Perche il cammino verso la felicita' non e' mai indolore. 6) felicita' sono le campagnole inzuppate nel latte. 7) felicita' sono gli amici. Quelli per i quali vieni prima. Persino dell'amore. 8) felicita sono i colori di questa citta'. Che molti attraversano sentendosene padroni. Ma che, accecati dal proprio ego, scambiano per una rolls royce incastonata di diamanti. 9) felicita' e' un weekend a prepararsi. Per qualcosa di importante. Da fare lunedì. 10) felicita' e' mia madre. Che mi avrebbe sorriso. Per la mia capacita' di tenere tutti questi birilli in equilibrio.