Mi sono svegliata presto. Troppo. Come sempre, ultimamente. Negli ultimi tre mesi, dormire e' stata la cosa piu' complicata. Persino piu' difficile che tenere a bada la lama affilata del dolore, chiudendola stretta fra le mani che sanguinavano ad ogni centrimentro che "quella" guadagnava, fino al centro del mio sentire.
Ho guardato fuori e avrei voluto essere a Napoli. Per una volta. Per scendere a camminare fra i pescivedoli, incantata da tutto quel ben di dio piu che dalle stesse luci di Natale. Non desidero quasi mai di stare a Napoli ma ci sono "emozioni" che Napoli mi ha regalato che sono insostituibili e che sono parte della mia stessa carne.
Lo spettacolo meravigliosamente pagano della notte del pesce, alla vigilia della vigilia, e' una delle cerimonie religiose piu' intense alle quali abbia assistito. Con il Vesuvio sullo sfondo, le due punte di costa, Capri che dorme e, con un po' di fortuna, cieli chiari e niente pioggia con un nero di seppia che si trasforma in blu e viola e poi rosso fino ad esplodere in una mattina di assoluto splendore.
Non potrei piu vivere a Napoli, ma Napoli vive sempre dentro di me. E' la mia parte migliore. E' conforto e carezza, profumo e graffe fritte, cultura senza fondo e capacita' di sorprendersi. E no, non e' la citta piu' bella del mondo, come non lo e' New York, ma e' tutto cio che devi sapere per scoprire la felicita': puoi viverci e non accorgertene, oppure puoi capirlo e cogliere il senso dell'umano esistere.
Quest'anno non sapevo, fino a ieri, se sarei riuscita ancora a trovare parole per questo Natale. Parole di rifflessione e meditazione. Parole non per un bilancio ma per l'unico aspetto religioso di questa festa in cui mi riconosco: la possibilita' di guardare oltre se' stessi e comprendere l'importanza fondamentale di cio' che abbiamo e anche di cio' che ci manca.
Gli ultimi tre mesi, dicevo, sono stati un calvario, di quelli che tutti conosciamo quando la vita decide di metterci alla prova e colpirci tanto e forte. Faccio un elenco impreciso e frettoloso solo per ricordare, se ce ne fosse bisogno, a me stessa, a cosa sto tenendo testa. Un lavoro "sicuro" e' sfumato all'improvviso per la solita superficialita' e arroganza italiana, quella per capirci che ha ridotto il nostro paese all'ombra di se' stesso. Quello ha ovviamente creato problemi economici che mi hanno obbligata a ridimensionare in maniera devastante la mia quotidianeita'. Per sopravvivere mi sono sottoposta a tour de force di 14 ore al giorno con zero momenti di "svago". Intanto, un giornale con il quale avevo collaborato per cinque anni, dal primo numero, mi ha "sollevata" dal mio incarico senza nemmeno comunicarmelo, senza nemmeno il buon gusto di dirmelo: come fossi merda da pulire sul pavimento. Mentre una quotidianeta' complicata e dolente mi toglieva sonno e chili (questo e' positivo pero'), una storia d'amore di due anni finiva all'improvviso come se non ci fosse stato nemmeno un momento d'amore. Crudelmente nelle successive due settimane uno dei mie piu cari amici, un pezzo di vita mia, ci lasciava senza darci il tempo di essere pronti. Non si e' mai pronti a dire adddio. Tutto il resto sono sigarette fumate una dopo l'altra, notti insonni attorcigliata su me stessa per sentirmi, sapere che ero ancora viva, momenti di lacrime ribelli in metropolitana o sotto sguardi attoniti ma mai giudici, furia incontrollabile, un drink di troppo, corse in bicicletta come fosse un massacro e silenzi che non riuscivo a sciogliere. Mia amica fidata e sempre pronta, solo la scrittura. Scrivere del dolore e' coraggioso. Come scrivere della felicita'. Puo' sembrare finto. Ma quando stai cosi, sospeso fra dolore e furia, fra ribellione e voglia di arrendersi, fra giorni sfinenti e notti affaticanti, allora non si pensa a chi non capira'. Si pensa a sopravvivere. Ad arrivare alla curva successiva. Con la paura in corpo, la spossatezza nelle ossa e la voglia di spaccare tutto.
Eppure non lo fai. Anche quando come due minuti fa un altro accidenti succede. Un altro. Alla Vigilia di Natale. Vaffanculo pensi. E poi sorridi. Perche' e' tutto li. Natale arriva per una ragione precisa ed e' per questo che lo amo: perche' e' film di memorie, lungometraggio di momenti, di volti, di risate, di commozione, di notti insonni, di carte da regalo, di fiocchi e di biglietti. Natale e' un film che hai visto mille volte e che rivedi come un bambino che riascolta la stessa fiaba: perche ne conosce la fine. La fine e' la salvezza e la felicita'. Che no, non arriva il 25 dicembre ma quel giorno, mentre intorno manca qualcuno ma anche c'e' un volto nuovo, una nuova vita appena sbocciata, quel giorno ci si puo' fermare e guardarsi quel film e commuoversi e gioirne.
Questo sara' il mio nono Natale senza mia madre e mio padre. Non li ho mai amati tanto e mai ho avuto certezza di quanto mi amino nel non chiedermi di tornare. Se potessi esprimere un desiderio sarebbe solo di abbracciarli un attimo oggi. Ma oltre questo, ci penso e non mi manca nulla. Sono qui. E scrivo. E Dorothy mi guarda mentre l'albero acceso rischiara la penombra di un giorno insopportabilmente caldo e umido. Verra' il freddo e la neve e l'amore e il lavoro e mi troveranno pronta. Mi troveranno viva. E questo e' il mio Natale. Sono nata ancora. E' questo il miracolo.