In questa settimana - per ragioni diverse - ho girato la citta in lungo e in largo. E nemmeno tanto. Perche' poi, in fondo, quando si dice "citta' " si pensa soprattutto a Manhattan.
Amo percorrere in lungo e in largo questa casa mia che mi svela angoli e prospettive sempre nuove e mai percorse. Eppure, in almeno tre occasioni, mi sono ritrovata, non per sbaglio, in alcune di quelle zone che solitamente evito e dove - grazie a dio - non ho nessuna necessita di andare con regolarita'. Non sono pericolose. New York e' una delle citta' piu sicure degli Stati Uniti e questo e' uno dei privilegi che me la fanno amare ancor di piu'.
Sono le zone piu' "segnate" dalla poverta', dal disagio sociale, dalle vite ai margini. Quelle zone dove l'homeless si mischia con l'alcolizzato e il tossico e tutti si mischiano con persone che vivono alla giornata in un groviglio di vite e di devastazioni che nemmeno in un film di Spike Lee.
Anche ieri sono stata in una di quelle zone. E ho notato una signora homeless. Somigliava a mia zia. Mi sono avvicinata e volevo darle dei soldi. Lei mi ha sorriso e mi ha detto che, se volevo, potevo comprarle un caffe. Cosi ho fatto: poi mi sono seduta vicino a lei e abbiamo chiacchierato per una decina di minuti. Mi ha detto "hai reso bella la mia giornata". Le ho detto "anche tu". Allontanandomi mi sono portata dentro un magone incredibile.
Quando sono in queste zone della citta' mi ricordo della paura terribile che avevo quando sono venuta qui. Per notti e notti ho sognato che mi sarei ritrovata cosi io stessa. Persa in zone sporche e senza via d'uscita, prigioniera e vittima di una citta che mi faceva immensamente terrore.
Si - New York mi terrorizzava. Ma la vita che vivevo in Italia mi terrorizzava di piu. Di New York avevo capito di cosa aver paura - o di cosa credevo dovessi aver paura, ma sentivo anche quell'energia vibrante che la sorreggeva, che avvertivi persino in queste sacche geografiche che altrove diventano ghetti impercorribili. A New York non sempre la poverta' o il disagio coincide con il "ghetto". Questa citta' mischia tutto insieme in un guazzabuglio che ti puo' sfinire e asfissiare. O ti puo' rimettere al mondo.
A me, personalmente, mi ha rimesso al mondo.
Detesto quando si fanno le gare fra "ma il paradiso e' meglio di New York", ricordandomi (davvero c'e' bisogno che qualcuno me lo ricordi???) che Positano e' unica, Roma eterna e Parigi una diva. Per me New York resta casa e dunque, il meglio per me. Come lo e' stata Napoli che mi ha dato tutto cio' che mi serviva per vivere qui a New York.
New York non e' una citta'. Non e' una cartolina. Come puo' una cartolina di un grattacielo essere superiore o finanche solo paragonabile alla cartolina del Colosseo? New York e' un viaggio dell'anima, che ti sprofonda spesso all'inferno facendoti, pero', poi sentire che ne puoi uscire.
A New York, infatti, se dice, puo' succedere tutto. Anche di vivere. E questo mi sembra tutto.