In tempi in cui le "liste" vanno di moda anche io, soprattutto perche' domani si festeggia il giorno del Ringraziamento, faccio la MIA lista di cose per le quali sono grata. Perche' quello che ci rende infelici ce lo portiamo appresso ogni istante e quindi, per oggi, ne facciamo a meno.
1) sono grata per essere viva
2) sono grata per mia madre e mio padre e per cio' che mi hanno insegnato
3) sono grata per mio fratello Roberto, Nicle mia amica e cognata, Serena e Cristian, lo splendore assoluto
4) sono grata per Dorothy: chi non si e' mai "lasciato amare" da un cane sa poco di occhi che parlano
5) sono grata per tutta la mia "enorme" famiglia fatta di zii, zie, cugini, cugine, acquisiti, adottati, ipotetici. Per quelli che non ci sono piu' ma che sono in ogni battito del mio cuore
6) sono grata per aver avuto il coraggio, quasi 4 anni fa, di sorvolare l'oceano delle mie paure e venire a New York e sono grata per essere ancora qui
7) sono grata per ogni amico e amica qui a New York che mi ha teso una mano, mi ha sfamato, mi ha aiutato, mia ha abbracciato e mi ha incoraggiato. Senza di loro sarei smarria
8) sono grata per Facebook, le mail, l'Ipad, l'Iphone, Skype e tutte "quelle cose dei diavoli" che mi permettono di stare in contatto con le persone che amo e anche per averne trovate di piu' (si' anche tu Bassini ;) e tutte le persone che ho conosciuto grazie a te)
9) sono grata per non essermi mai sentita umiliata nemmeno nel fare il lavoro piu' umile se questo mi aiuta a sopravvivere
10) sono grata per chi mi da' la possibilita' di vedere il mio nome stampato su un giornale e far sentire orgogliosi di me i miei genitori.
11) sono grata per i sorrisi che ricevo e per quelli che so restituire
12) sono grata per non avere rimpianti
13) sono grata per saper essere grata
14) sono grata per i sogni che ho
15) sono grata a te che hai letto fin qui.
one day, I finally decided that I wanted to be happy. And I moved to New York, with few stuff and the love of my life: Dorothy. My journey is still amazingly challenging but I learnt that I am unstoppable. And everybody should be the same.
Wednesday, November 24, 2010
Monday, November 15, 2010
da grande sposero' Simon Le Bon
Questo era il sogno delle ragazzine "ai miei tempi"...
Oggi il sogno e' "da grande faro' la escort, nemmeno la mignotta in senso vero perche' costa fatica stare sul marciapiedi"
Vabbe' i tempi cambiano e tutto si evolve e ad essere troppo critici, come sempre, si corre il rischio di essere accusati di
- essere invidiosi
- essere catto comuninisti
- essere bacchettoni
Pero' io queste escort non le sopporto perche':
- mi fanno sentire vecchia nel dire "ai tempi miei"
- in perfetto stile italiano, non fanno gavetta, nemmeno un po' di marciapiedi prima... non va, cosi' non va
- si vestono in maniera "normale" (quasi sempre): una mignotta (di mestiere) deve avere la sua "uniforme" come ogni altro lavoratore che si rispetti.... altrimenti si fa confusione
- non conoscono Filumena Marturano ma nemmeno Mme Bovary: si limitano a "letteratura di seconda mano"
- non sanno cio' che vogliono: "voglio essere una soubrette", "io un avvocato" "io una ministra", "io anche una mamma e una sposa felice" - eh no care mie... una mignotta fa il suo lavoro con onesta' e professionalita' e fa quello per anni prima di passare ad altro
Insomma, ho deciso che per me queste escort (e non penso solo a quelle di Berlusconi ma a tante, tante , tante altre, targate PD e con la falce e il martello nella borsa di Luis Vuitton) non sono mignotte perche' non si meritano il titolo. Queste sono solo delle poveracce che hanno delegato la propria vita a dei "finti magnaccia" che a loro volta si credono assessori, presidenti del consiglio, produttori ecc ecc e che, fuori da quel loro ruolo di potere, valgono meno di uno che non vale niente.
Massimo rispetto dunque alle "lavoratrici del marciapiedi" vere. Quelle che "lavorano" sodo e senza tanta allegria.
Queste altre qui, per favore, chiamiamole semplicemente, come dicono qui, delle Barbie doll: plastica che inquina praticamente.
Oggi il sogno e' "da grande faro' la escort, nemmeno la mignotta in senso vero perche' costa fatica stare sul marciapiedi"
Vabbe' i tempi cambiano e tutto si evolve e ad essere troppo critici, come sempre, si corre il rischio di essere accusati di
- essere invidiosi
- essere catto comuninisti
- essere bacchettoni
Pero' io queste escort non le sopporto perche':
- mi fanno sentire vecchia nel dire "ai tempi miei"
- in perfetto stile italiano, non fanno gavetta, nemmeno un po' di marciapiedi prima... non va, cosi' non va
- si vestono in maniera "normale" (quasi sempre): una mignotta (di mestiere) deve avere la sua "uniforme" come ogni altro lavoratore che si rispetti.... altrimenti si fa confusione
- non conoscono Filumena Marturano ma nemmeno Mme Bovary: si limitano a "letteratura di seconda mano"
- non sanno cio' che vogliono: "voglio essere una soubrette", "io un avvocato" "io una ministra", "io anche una mamma e una sposa felice" - eh no care mie... una mignotta fa il suo lavoro con onesta' e professionalita' e fa quello per anni prima di passare ad altro
Insomma, ho deciso che per me queste escort (e non penso solo a quelle di Berlusconi ma a tante, tante , tante altre, targate PD e con la falce e il martello nella borsa di Luis Vuitton) non sono mignotte perche' non si meritano il titolo. Queste sono solo delle poveracce che hanno delegato la propria vita a dei "finti magnaccia" che a loro volta si credono assessori, presidenti del consiglio, produttori ecc ecc e che, fuori da quel loro ruolo di potere, valgono meno di uno che non vale niente.
Massimo rispetto dunque alle "lavoratrici del marciapiedi" vere. Quelle che "lavorano" sodo e senza tanta allegria.
Queste altre qui, per favore, chiamiamole semplicemente, come dicono qui, delle Barbie doll: plastica che inquina praticamente.
Thursday, November 11, 2010
La finestra di fronte
E poi il silenzio svanisce e la parola torna a materializzarsi come respiro.
Scrivere per me e' testimonianza di vita, la mia, in quanto "essere viva". Solo il senso di disperazione assoluta mi toglie le parole, come il respiro. In quei momenti sopravvivo stancamente, trasportata dalla stanchezza e persa nel buio delle mie paure che conosco bene ma, a volte, senza apparente ragione, mi appaiono troppo estranee.
Da sempre amo guardare le finestre dei palazzi, le loro luci, le ombre, un profilo di mobili che ti racconta una casa, una famiglia, una cena o un prepararsi veloce per il lavoro.
A New York, le finestre di fronte, sono la mia ancora quando la solitudine sembra grattare anche l'ultimo pezzo di carne attaccato alle ossa per lasciarmi completamete incapace di stare in piedi.
Cammino con il viso verso l'alto, a guardare il cielo e le stelle, alla ricerca di chi mi sta guidando e al quale chiedo di tenermi li', salda su quel marciapiedi, perche' sto ancora provando strenuamente a cercare la mia felicita' e che la merito e che, a parte quella stanchezza che rende pesanti anche le lacrime che raschiano la pelle del viso come lamette, non voglio arrendermi. No e poi no.
Guardo in quelle finestre. E vorrei, lieve come il sogno di un bambino in una piccola culla di legno, entrare fra quelle mura e sedermi su quei divani e a quelle tavole per sentirmi parte di quella famiglia che spesso mi manca e che e' tremendamente lontana.
Ma mi piace anche guardare per immaginare altre vite e tristezze e felicita' e sapere che anche se non sono davvero seduta li', non sono sola. Perche' finche' riusciro' a trovare in me la voglia di guardare a quella finestra di fronte come segno del mio amore infinito per la vita, fosse anche quella degli altri, non mi perdero', travolta dall'inutilita' di uno sguardo perpetuamente rivolto a se' stessi, alle proprie miserie o alle proprie felicita'.
Scrivere per me e' testimonianza di vita, la mia, in quanto "essere viva". Solo il senso di disperazione assoluta mi toglie le parole, come il respiro. In quei momenti sopravvivo stancamente, trasportata dalla stanchezza e persa nel buio delle mie paure che conosco bene ma, a volte, senza apparente ragione, mi appaiono troppo estranee.
Da sempre amo guardare le finestre dei palazzi, le loro luci, le ombre, un profilo di mobili che ti racconta una casa, una famiglia, una cena o un prepararsi veloce per il lavoro.
A New York, le finestre di fronte, sono la mia ancora quando la solitudine sembra grattare anche l'ultimo pezzo di carne attaccato alle ossa per lasciarmi completamete incapace di stare in piedi.
Cammino con il viso verso l'alto, a guardare il cielo e le stelle, alla ricerca di chi mi sta guidando e al quale chiedo di tenermi li', salda su quel marciapiedi, perche' sto ancora provando strenuamente a cercare la mia felicita' e che la merito e che, a parte quella stanchezza che rende pesanti anche le lacrime che raschiano la pelle del viso come lamette, non voglio arrendermi. No e poi no.
Guardo in quelle finestre. E vorrei, lieve come il sogno di un bambino in una piccola culla di legno, entrare fra quelle mura e sedermi su quei divani e a quelle tavole per sentirmi parte di quella famiglia che spesso mi manca e che e' tremendamente lontana.
Ma mi piace anche guardare per immaginare altre vite e tristezze e felicita' e sapere che anche se non sono davvero seduta li', non sono sola. Perche' finche' riusciro' a trovare in me la voglia di guardare a quella finestra di fronte come segno del mio amore infinito per la vita, fosse anche quella degli altri, non mi perdero', travolta dall'inutilita' di uno sguardo perpetuamente rivolto a se' stessi, alle proprie miserie o alle proprie felicita'.
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