Non ricordo cosa pensavo quel giorno, dodici anni fa, oggi.
Ricordo che di sera vennero le mie amiche, Antonella Rosanna Lina a salutarmi e mi portarono un regalo che ho ancora, un ciondolo bellissimo. Poi vennero le mie zie, sempre presenti in ogni momento importante.
Dorothy sarebbe rimasta indietro per un po'. Dal suo cuscino guardava tutto quel via vai sapendo benissimo che era legato a quella valigia blu pronta da troppi giorni.
Non ricordo cosa sentivo. Probabilmente niente. Nemmeno la paura piu per fortuna. Ero finalmente anestetizzata dall'enormita di quel passo. Andare via.
Ma ricordo che ero stranamente silente. Tutti mi chiedevano cose: com'e' la casa? chi viene a prenderti? cosa farai? com'e' il Queens? quando torni? sei contenta? sei triste?
Io non ero niente. Piu' niente. O almeno, quello era tutto cio' che sentivo. Di essere niente. Eppure allo stesso tempo ero "tutto" per quelle persone alle quali stavo dicendo addio e che non erano riuscite a fermarmi. Sebbene l'unico a provarci veramente fosse stato mio padre. E un'altra persona.
Questo, dodici anni fa, era il giorno prima. Prima del piu doloroso addio della mia vita. Per il quale non sentivo dolore. Quel tipo di dolore lo comprendi solo dopo, quando finalmente ritrovi la gioia, la felicita', la serenita'. Ritrovi la vita.
Il dolore per l'addio a chi muore e' diverso. E' immediato. E' come il dolore fisico che ti arriva con il coltello che affonda nel cuore.
Quel dolore era troppo spaventoso per sentirlo, riconoscerlo, accoglierlo. Perche era definitivo. MA, non eterno. Era il dolore dell'azzeramento del sentire, per evitare di morire. Il dolore del congelamento brutale che arriva e che puoi solo augurarti che al risveglio abbia protetto le gemme e si possa rinascere.
Non ricordo molto del giorno prima di domani. Dodici anni fa.
Ricordo mia madre. E la sua determinazione a vedermi felice. Quel giorno le piacevano anche i miei capelli.
Quel giorno a lei tocco' preparsi al saluto ma lei seppe che era come rimettermi al mondo una seconda volta e fu lei a ridarmi, ancora, la vita.
Ricordo che di sera vennero le mie amiche, Antonella Rosanna Lina a salutarmi e mi portarono un regalo che ho ancora, un ciondolo bellissimo. Poi vennero le mie zie, sempre presenti in ogni momento importante.
Dorothy sarebbe rimasta indietro per un po'. Dal suo cuscino guardava tutto quel via vai sapendo benissimo che era legato a quella valigia blu pronta da troppi giorni.
Non ricordo cosa sentivo. Probabilmente niente. Nemmeno la paura piu per fortuna. Ero finalmente anestetizzata dall'enormita di quel passo. Andare via.
Ma ricordo che ero stranamente silente. Tutti mi chiedevano cose: com'e' la casa? chi viene a prenderti? cosa farai? com'e' il Queens? quando torni? sei contenta? sei triste?
Io non ero niente. Piu' niente. O almeno, quello era tutto cio' che sentivo. Di essere niente. Eppure allo stesso tempo ero "tutto" per quelle persone alle quali stavo dicendo addio e che non erano riuscite a fermarmi. Sebbene l'unico a provarci veramente fosse stato mio padre. E un'altra persona.
Questo, dodici anni fa, era il giorno prima. Prima del piu doloroso addio della mia vita. Per il quale non sentivo dolore. Quel tipo di dolore lo comprendi solo dopo, quando finalmente ritrovi la gioia, la felicita', la serenita'. Ritrovi la vita.
Il dolore per l'addio a chi muore e' diverso. E' immediato. E' come il dolore fisico che ti arriva con il coltello che affonda nel cuore.
Quel dolore era troppo spaventoso per sentirlo, riconoscerlo, accoglierlo. Perche era definitivo. MA, non eterno. Era il dolore dell'azzeramento del sentire, per evitare di morire. Il dolore del congelamento brutale che arriva e che puoi solo augurarti che al risveglio abbia protetto le gemme e si possa rinascere.
Non ricordo molto del giorno prima di domani. Dodici anni fa.
Ricordo mia madre. E la sua determinazione a vedermi felice. Quel giorno le piacevano anche i miei capelli.
Quel giorno a lei tocco' preparsi al saluto ma lei seppe che era come rimettermi al mondo una seconda volta e fu lei a ridarmi, ancora, la vita.