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Wednesday, October 23, 2013

Certe notti

Certe notti mi svegliavo ed eri al mio fianco.
Tutto il resto era semplicemente irrilevante.
Certe notti mi svegliavo e non c'eri piu'.
Tutto il resto era semplicemente irrilevante.

Certe notti avevo paura. Delle ombre e della luce che le creava
Tutto il resto non riuscivo a vederlo.
Certe notti ho avuto coraggio. Di dormire nel buio
Tutto il resto riuscivo finalmente a non vederlo.

Certe notti pensavo a come comprare da mangiare
pagare le bollette
l'affitto
Ed ero stanca di pensare
Certe notti non avevo piu' conti da pagare
nemmeno con l'amore
E potevo riposare

Certe notti pensavo a quell'aereo che mi avrebbe portato a New York
Ne studiavo il tragitto
Avvertivo il mio fallimento
A restare ferma
Certe notti mi sveglio e vedo la luce filtrare dalle inutili veneziane
intravedo i palazzi alti
le mille finestre
Il viaggio e' compiuto
Sono a casa

Certe notti ho guardato il tuo profilo al buio
chiedendomi il perche' di tanto amore
Certe notti ho ripensato al quel profilo
avendo tutte le risposte

Certe notti mi chiedo cosa faro' da grande
Certe notti penso intanto a diventare grande

Certe notti scrivo perche' e' una malattia
Certe notti leggo perche' e' la cura

E certe notti, mentre il sonno sta per prendere il sopravvento,
giusto un attimo prima
con la guancia che amoreggia con la morbidezza del cuscino
io, inaspettatamente, sorrido.
E il buio si rischiara.
E non c'e' altro da dire
Se non continuare a vivere

Tuesday, October 15, 2013

Baci



Il primo bacio fu quello che mi insegnasti tu, dietro il cancello di scuola, di pomeriggio. Mi insegnavi e io pensavo solo "che culo che uno bello come te voglia baciare proprio me". Fu il primo e il secondo e molti altri. I baci dei tredici anni che diventano sedici e tu sempre piu' bello e sempre piu' impossibile. Ma il primo bacio fu il tuo e fu come una cena cinque portate da ABC Kitchen. Il mio ristorante preferito.

Il bacio salato fu ogni bacio dato nel tempo estivo, che fu sempre tempo lungo e spensierato. Sale di bagni di giorno e bagni di notte, di luce di sole e luce di falo'. Baci di sale e di sole. Baci a tempo. Il tempo dell'estate che un acquazzone portava via e ci si salutava, con un bacio, dicendosi "ti scrivero' ogni giorno". Lettere che mai arrivarono, ma la cui assenza non cancella quel sapore di sole e di sale e di sabbia e di spensieratezza.

Il bacio mai dato fu quello che tu mi negasti. Te che per primo pensai di amare. Ma non pensando lo stesso, me lo negasti. E oggi, che siamo amici e che non penso di amare ma amo, te lo "rinfaccio" di continuo. Per ricordarti che c'e' sempre, se non ce ne fossero altre, una ragione per essere felici: perche' dobbiamo ancora baciarci.

Il bacio inaspettato fu quello di un'alba che era gia' quasi mattina in una Napoli bella da morirne, bella in maniera oltraggiosa perche' piena di speranze e di senso rivoluzionario. In una curva di Posillipo la macchina si fermo' per farmi scendere dopo una notte di lavoro elettorale, chiacchiere politiche, sigarette e cornetti caldi e, mentre stavo per darti un bacio sulla guancia, ti girasti, di proposito e mi prendesti le labbra. Arrossi' all'idea che gli altri se ne fossero accorti ma per fortuna mi ignoravano. Mi facesti l'occhiolino e io me ne andai. Ne seguirono altri ma molto molto dopo. E nessuno lo seppe mai.

L'ultimo bacio non fu un film ma quello fra di noi, il giorno che andai via da casa tua. Ci sentiamo dopo - mi dicesti e mi baciasti e sapevo che non ti avrei rivisto piu'. Ma non c'era altro da aggiungere. Niente da ribadire. Solo un amore immenso che non sapevamo gestire. Noi due, adulti senza sapere di esserlo ci salutammo come due bambini che si salutano dopo un pomeriggio di giochi qualsiasi. Quello prima di una separazione. Di tutti i baci che ci siamo dati, quello fu quello piu' pieno d'amore.

Il bacio piu' triste fu quello che diedi ai miei genitori sei anni fa. Fu pieno di lacrime e cose non dette. Pieno di dolore. Un dolore cupo e inconsolabile. Che non siamo riusciti ancora a consolare. Anche se ora, ogni volta, quei baci fanno un po' meno male. Sopravvivemmo a quello. Tutti gli altri sono come carezze su pelle indolenzita.

Il bacio romantico fu quello di una notte newyorchese piena di freddo e solitudine. Il primo inverno e quel freddo che non sai gestire. Proprio come la solitudine, la paura, la tristezza e lo sgomento. In quel bar capitammo vicini, conoscevi qualche parola di italiano, io molte di inglese. Il drink divento' una cena di ore durante la quale mai smettemmo di parlare. E poi uscimmo fuori, in una notte deserta e aveva iniziato a nevicare. La mia prima neve. Rimasi ferma come un bambino che incontra Babbo Natale a guardare quei fiocchi che mi ricoprivano e d'improvviso senti' la tua voce dirmi "ti telefono" - "Ok" dissi io. Non me ne accorsi ma in un attimo ero li', proprio come nel piu sdolcinato film americano, travolta da un bacio lunghissimo. Un solo bacio. Non ti ho piu' rivisto. A volte penso che sia stata questa citta' a baciarmi per dirmi di smetterla di soffrire. E ho ricambiato.

E poi c'e' il bacio di ieri che non e' ieri ma sembra ieri perche' vicino nel tempo. Vicino che lo senti ancora sulle labbra eppure gia' troppo lontano per non volerne un altro. Il bacio della bellezza. La tua. Che hai attraversato il deserto e potevi non farcela. E invece sei li, bella come non credevi nemmeno possibile, ma come quel bacio ti ricorda che sei e che sei sempre stata. Il bacio di ieri. Quello che rivorresti oggi e domani.

I baci. Che a parlarne non si puo' non essere "sdolcinati". Ma che a non volerlo essere, si resta con l'amaro in bocca. Quello che io non ho. Io ho baci che sono come nenie nelle notti di insonnia e vento sul viso in giornate d'estate. Sono neve e rughe. Sono orecchini persi e poi ritrovati che ricompongono il paio e ti danno un senso.


Sunday, October 13, 2013

Adriana

Non so perche' oggi mi e' tornata in mente Adriana, mentre camminavo, su tacchi altissimi e vestita super chic lungo Columbus Avenue.

Potendo scegliere un posto per ricordarmi di Adriana, quello era il meno adatto.

Adriana era la mia proprietaria di casa a Napoli. La prima. Aveva una casa grande, con tante stanze e in ognuna ci metteva due ragazze. Eravamo dieci o undici piu' lei. Lei viveva per lo piu nella sua stanza e guardava la tv per ore. A volte si preparava e usciva. Spesso la sentivamo cantare.

Adriana faceva il mestiere piu' antico del mondo e in quella casa ho imparato le verita' basilari della mia vita. Anche se lo avrei scoperto molti anni dopo.

Adriana non ci permetteva di portare giovanotti a casa e nemmeno lei ne portava. Per questo un giorno ci fu grande agitazione in casa quando una delle ragazze, quella tutta casa e chiesa, con sempre la vestaglia sopra i vestiti e una spilla da balia che gliela chiudeva fino al collo, arrivo' trafelata in cucina e anuncio', con fare allamato "signora c'e' un uomo alla porta". Noi seguimmo Adriana incuriosite mentre si metteva uno scialle addosso e, con fare da baronessa, disse "signori' e fatelo salire" (la casa era a due piani). Quando quello arrivo' nel soggiorno eravamo tutte li eccitate di vedere "l'uomo". Era basso, magro e con un paio di baffetti anti sesso. Adriana arrivo, lo guardo' e gli disse "ue' cia' mario" - poi con viso disgustato e pieno di rimprovero si volto' a guardare la ragazza con la spilla da balia e le disse con un eloquente gesto della mano "e chist' era l'ommo?"

Un'altra volta avevo bisogno di un'iniezione e Adriana si offri' di farmela e mi chiese "signori', la facciamo alla francese?" - io arrossi' pensando chissa' che e lei mi spiego' che "alla francese" era a cavalcioni sulla sedia cosi il gluteo era rilassato e sentivo meno dolore. L'iniezione fu innocua a parte l'umiliazione di aver avuto come pubblico tutte le altre ragazze di casa, curiose di scoprire tutto su quella posizione.

Un giorno, in pieno inverno, ero in cucina a farmi un te'. Faceva un freddo cane in quelle case di Napoli e mi riscaldavo come potevo. Aspettavo il te' e ripetevo. Avevo un esame. Adriana usci' dal suo boudoir e mi disse 'Signuri' ma vuj che studiate a fa', vuje tenit nu' tesoro mmiez' e cosce".

Qualche volta a casa veniva Susy, amica di "lavoro" di Adriana. Susy era grassa e con delle tette che sembravano uscite direttamente da un film porno. Vestiva come una prostituta. E si truccava anche cosi. Era l'opposto di Adriana. Un giorno erano in cucina a farsi un caffe' e lei, con estrema offesa e malcelato dolore, raccontava di un cliente che l'aveva vista e non l'aveva voluta piu'. "Adria' - disse Susetta con le lacrime - perche' io poi ce l'ho detto che se voleva quelle secche doveva tenere un poratafogli tanto". Susy era simpatica e un giorno mi disse, vedendomi tutta imbabuccata "signuri' ma tenit' fridd? perche' io ncuoll sto bona ma sott' sto sempre caver"

Negli anni - queste pillole di saggezza sono diventate lezioni per me, tipo che l'apparenza inganna e che un paio di baffi non fanno un uomo; che nella vita e' importante provare posizioni e cose diverse anche se sono fuori dalla nostra comfort zone, perche' possono farci smettere di stare male o - anche - farci stare benissimo; che io sono tenutaria di un tesoro: non l'ho mai sprecato ne' per soldi ne' per potere e anzi l'ho reso piu' prezioso con la ricchezza della mia intelligenza, del mio cuore e della mia anima. Chi ha messo le "mani" su quel tesoro e' stato fortunato. Ma non sono stata mai bottino da derubare e di cui fare scempio. Il tesoro e' intatto e splende di pietre preziose. Se vuoi di piu' lo deve ottenere e solo allora puoi aspirare "a quelle secche", mai prima e mai gratis. La vita, la bellezza, la felicita' costano assai. Assai. E non tutti se le possono permettere.

Una notte, una  parte di noi ragazze resto' a dormire fuori. Io nello specifico dormi' in una vasca da bagno con un ragazzo alto alto. Non successe nulla. La cosa piu' eccitante fu che muovendosi urto' contro la fontana e quella si apri'. Quando tornammo a casa, Adriana ci disse che avevano chiamato i nostri genitori e lei aveva detto che stavamo ancora dormendo.

Ci salvo' il culo e non volle nemmeno un grazie. "Mo' andate a studia' pero' ", ci disse scacciandoci via come gallinelle.

Non e' vero che quello non era il posto giusto per ricordarmi di Adriana. Era giustissimo. Perche' se sono sopravvissuta qui lo devo un po' anche a lei, per avermi insegnato a "campare"