Ecco oggi mi sono svegliata cosi'. Senza se e senza ma. Capita.
Ma non ho piu' tolleranza ne' sopportazione verso il razzismo. Nemmeno verso il mio che pure, a volte, emerge inaspettato.
Possiamo scegliere, pero'. Sempre. Tra il riconoscerci razzisti e trasformare le nostre attitudini e il continuare ad esserlo in maniera spudorata.
Sono zia di un nipote nero. Sono amica/sorella di una coppia di gay che sta insieme da piu' tempo di quasi tutte le altre coppie di amici etero. Sono immigrata, per fame, in un paese che ha i suoi bei problemi con il razzismo e le discriminazioni. Sono del Sud e, dunque, doppiamente discriminata. Aggiungere che sono femmina.
Sono italiana e, dunque, sono figlia del paese di Michelangelo e Leonardo. Del Rinascimento e di Rita Levi Montalcini. Del cibo buono e delle coste mozzafiato. Di Napoli e di Palermo. Di Milano e di Perugia. Ma anche di Mussolini, dei campi di concentramento, di Craxi, Berlusconi, Andreotti, dell'evasione fiscale, dell'assenza di meritocrazia, dell'ignoranza, della corruzione, di Pompei che cade a pezzi, della mafia, di Giancarlo Siani e Falcone e Borsellino. Della Terra dei Fuochi. Del Giglio. Di un parlamento ridotto ad arena di insulti. Della crisi peggiore di tutta l'europa.
Sono italiana. E per questo sono stata "costretta" ad andarmene. Per fermare l'umiliazione e la disperazione. Ho scelto New York. Sarebbe stato oggettivamente piu' facile scegliere qualche paese del Nord Europa. O la Francia che amo. Ma questa era anche una sfida per una serie di altre ragioni.
New York - che adoro - non e' stata una passeggiata. Non lo e' ancora. E' noto, perche' non mi vergogno a raccontarlo, che ho sofferto la fame. A volte, ancora capita. Ho sofferto l'umiliazione di essere ignorata da quei miei connazionali che quando venivo qui "in paranza" mi leccavano il culo. Ho vissuto la paura della solitudine dell'abbandono e della sconfitta peggiore della disperazione con la quale ero arrivata. Per sopravvivere e ritrovare quel sorriso che ora esibisco come testimonianza a me stessa di avere avuto le palle, ho dovuto attraversare l'inferno. Scarnificarmi. Togliermi tutta quella parte di italianita' fatta di supponenza, lamentele, commiserazione, dramma, presunzione, maleducazione, arroganza che mi portavo dentro, salvando pero' allo stesso tempo cio' che con questo passaporto, Michelangelo e Leonardo mi avevano donato: essere persona perbene.
Ogni giorno, ogni santo giorno ricevo lettere, mail e messaggi di persone che vanno via. Senza niente. O di mamme i cui figli vanno via, per sfuggire al niente. Sono piene di immenso dolore.
Siamo carne da macello perche' viviamo in un paese che potrebbe fare pernacchi a tutti gli altri e invece nega la felicita', la speranza e il futuro ai suoi figli. Da almeno due generazioni.
E siccome la disperazione e la poverta' e l'ignoranza (che dalle due precedenti deriva) generano mostri, eccoci diventato il paese che - oltre al resto - e' razzista, di un razzismo cupo, violento, disgustoso. Verso il neri, verso i diversi, verso i gay, verso le donne, verso i poveri, verso chi ha un pensiero diverso, verso chi e' perbene e, dunque, "scemo".
E io non ne posso piu. Oggi 21 settembre, la mia tolleranza e', onestamente ZERO.
Ma non ho piu' tolleranza ne' sopportazione verso il razzismo. Nemmeno verso il mio che pure, a volte, emerge inaspettato.
Possiamo scegliere, pero'. Sempre. Tra il riconoscerci razzisti e trasformare le nostre attitudini e il continuare ad esserlo in maniera spudorata.
Sono zia di un nipote nero. Sono amica/sorella di una coppia di gay che sta insieme da piu' tempo di quasi tutte le altre coppie di amici etero. Sono immigrata, per fame, in un paese che ha i suoi bei problemi con il razzismo e le discriminazioni. Sono del Sud e, dunque, doppiamente discriminata. Aggiungere che sono femmina.
Sono italiana e, dunque, sono figlia del paese di Michelangelo e Leonardo. Del Rinascimento e di Rita Levi Montalcini. Del cibo buono e delle coste mozzafiato. Di Napoli e di Palermo. Di Milano e di Perugia. Ma anche di Mussolini, dei campi di concentramento, di Craxi, Berlusconi, Andreotti, dell'evasione fiscale, dell'assenza di meritocrazia, dell'ignoranza, della corruzione, di Pompei che cade a pezzi, della mafia, di Giancarlo Siani e Falcone e Borsellino. Della Terra dei Fuochi. Del Giglio. Di un parlamento ridotto ad arena di insulti. Della crisi peggiore di tutta l'europa.
Sono italiana. E per questo sono stata "costretta" ad andarmene. Per fermare l'umiliazione e la disperazione. Ho scelto New York. Sarebbe stato oggettivamente piu' facile scegliere qualche paese del Nord Europa. O la Francia che amo. Ma questa era anche una sfida per una serie di altre ragioni.
New York - che adoro - non e' stata una passeggiata. Non lo e' ancora. E' noto, perche' non mi vergogno a raccontarlo, che ho sofferto la fame. A volte, ancora capita. Ho sofferto l'umiliazione di essere ignorata da quei miei connazionali che quando venivo qui "in paranza" mi leccavano il culo. Ho vissuto la paura della solitudine dell'abbandono e della sconfitta peggiore della disperazione con la quale ero arrivata. Per sopravvivere e ritrovare quel sorriso che ora esibisco come testimonianza a me stessa di avere avuto le palle, ho dovuto attraversare l'inferno. Scarnificarmi. Togliermi tutta quella parte di italianita' fatta di supponenza, lamentele, commiserazione, dramma, presunzione, maleducazione, arroganza che mi portavo dentro, salvando pero' allo stesso tempo cio' che con questo passaporto, Michelangelo e Leonardo mi avevano donato: essere persona perbene.
Ogni giorno, ogni santo giorno ricevo lettere, mail e messaggi di persone che vanno via. Senza niente. O di mamme i cui figli vanno via, per sfuggire al niente. Sono piene di immenso dolore.
Siamo carne da macello perche' viviamo in un paese che potrebbe fare pernacchi a tutti gli altri e invece nega la felicita', la speranza e il futuro ai suoi figli. Da almeno due generazioni.
E siccome la disperazione e la poverta' e l'ignoranza (che dalle due precedenti deriva) generano mostri, eccoci diventato il paese che - oltre al resto - e' razzista, di un razzismo cupo, violento, disgustoso. Verso il neri, verso i diversi, verso i gay, verso le donne, verso i poveri, verso chi ha un pensiero diverso, verso chi e' perbene e, dunque, "scemo".
E io non ne posso piu. Oggi 21 settembre, la mia tolleranza e', onestamente ZERO.
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