Sono stata assente "giustificata". Completamente avvolta e immobilizzata dagli affetti che ho respirato, bevuto, accumulato, masticato, inscatolato, vissuto in ogni secondo e attimo e riflesso e gradazione.
Sono stata assente giustificata perche' presa nell'impresa di trattenere le lacrime degli addii, lo strazio delle separazioni, i momenti degli arrivederci, i conti alla rovescia, gli abbracci silenziosi.
Sono stata assente perche' troppo presente alla vita e quindi incapace di raccontarla.
Quando provi a raccontarla, la vita, te ne scosti un attimo dal fianco, giusto quel po' che basta per guardarla in maniera piu' definita, mai definitiva, sempre in trasformazione.
Sono stata assente e presente al tempo stesso. Come in fondo sempre. Ero solo silenziosa qui.
Ora sono tornata a casa. La mia casa. Quella a forma di rettangolo con i grattacieli e i parchi e i topi e gli scarafaggi e la settimana della moda e l'iced coffe e i tornado e la maglia di lana all'improvviso e i cieli grandi e i tramonti rossi e il silenzio imprevisto e i sorrisi per strada. La mia citta'. Quella che mi ha accolto, dato un nuovo nome una nuova vita una nuova me - quella che esisteva da tempo ma non aveva nemmeno coraggio a respirare per paura che tutti si girassero a dire "smettila, tanto non serve a nulla".
Casa mia. A volte solitaria senza i miei affetti antichi. Quelli che sono come carezze di mamme e papa' mentre dormi in un letto di bimbo, ignaro che li' fuori, oltre quella stanza e quelle carezze, ci sia la difficolta' acre del vivere e la sua incomparabile bellezza.
Casa mia. Quando sono arrivata ho pensato di odiarla perche' mi faceva paura. Tanta paura. Ma mi diceva anche, cosi in faccia, senza riguardo, come un urlo che ti annienta l'udito, "e vivi per dio".
Ieri una mia amica mi ha detto che io "avevo bisogno delle persone". Tanto. Avevo bisogno che ciascuno di loro, con delicatezza, raccogliesse un pezzetto di me e lo curasse, lo aiutasse a guarire e poi, me lo restituisse per ricompormi. Per tornare ad essere persona.
Nei posti ci si puo' arrivare senza voler declinare nulla di se' stessi; senza voler chiedere aiuto, accettare la diversita', comprendere l'altro, tendere una mano ad afferrare quella che ti viene tesa. Nei posti si puo' arrivare e continuare a pensare a cosa ci manca. O arrivare e prendere cio' di cui abbiamo bisogno.
Io avevo bisogno di me stessa. E per questo, nella disperazione di una sfida terribile, ho chiesto aiuto e ho dato pezzi di me a chi li ha curati e protetti e poi me li ha restituiti.
Questa e' casa perche' qui sono nata ancora dopo essere quasi morta. E c'erano persone felici a sorridermi e a darmi il benvenuto. Dopo i mesi di buio e di solitudine, prigioniera di una pancia che non era piu' conforto ma trappola.
Nessun italiano ha raccolto uno solo di quei pezzi. Se ne capita l'occasione ancora mi ridono in faccia di fronte all'offerta di camminare insieme per qualche passo. Se non sei capace di stare due passi dietro, allora non vai bene.
Impossibile. Io sto correndo. Sempre, incessantemente, a bermi la felicita'.
Sono stata assente giustificata perche' presa nell'impresa di trattenere le lacrime degli addii, lo strazio delle separazioni, i momenti degli arrivederci, i conti alla rovescia, gli abbracci silenziosi.
Sono stata assente perche' troppo presente alla vita e quindi incapace di raccontarla.
Quando provi a raccontarla, la vita, te ne scosti un attimo dal fianco, giusto quel po' che basta per guardarla in maniera piu' definita, mai definitiva, sempre in trasformazione.
Sono stata assente e presente al tempo stesso. Come in fondo sempre. Ero solo silenziosa qui.
Ora sono tornata a casa. La mia casa. Quella a forma di rettangolo con i grattacieli e i parchi e i topi e gli scarafaggi e la settimana della moda e l'iced coffe e i tornado e la maglia di lana all'improvviso e i cieli grandi e i tramonti rossi e il silenzio imprevisto e i sorrisi per strada. La mia citta'. Quella che mi ha accolto, dato un nuovo nome una nuova vita una nuova me - quella che esisteva da tempo ma non aveva nemmeno coraggio a respirare per paura che tutti si girassero a dire "smettila, tanto non serve a nulla".
Casa mia. A volte solitaria senza i miei affetti antichi. Quelli che sono come carezze di mamme e papa' mentre dormi in un letto di bimbo, ignaro che li' fuori, oltre quella stanza e quelle carezze, ci sia la difficolta' acre del vivere e la sua incomparabile bellezza.
Casa mia. Quando sono arrivata ho pensato di odiarla perche' mi faceva paura. Tanta paura. Ma mi diceva anche, cosi in faccia, senza riguardo, come un urlo che ti annienta l'udito, "e vivi per dio".
Ieri una mia amica mi ha detto che io "avevo bisogno delle persone". Tanto. Avevo bisogno che ciascuno di loro, con delicatezza, raccogliesse un pezzetto di me e lo curasse, lo aiutasse a guarire e poi, me lo restituisse per ricompormi. Per tornare ad essere persona.
Nei posti ci si puo' arrivare senza voler declinare nulla di se' stessi; senza voler chiedere aiuto, accettare la diversita', comprendere l'altro, tendere una mano ad afferrare quella che ti viene tesa. Nei posti si puo' arrivare e continuare a pensare a cosa ci manca. O arrivare e prendere cio' di cui abbiamo bisogno.
Io avevo bisogno di me stessa. E per questo, nella disperazione di una sfida terribile, ho chiesto aiuto e ho dato pezzi di me a chi li ha curati e protetti e poi me li ha restituiti.
Questa e' casa perche' qui sono nata ancora dopo essere quasi morta. E c'erano persone felici a sorridermi e a darmi il benvenuto. Dopo i mesi di buio e di solitudine, prigioniera di una pancia che non era piu' conforto ma trappola.
Nessun italiano ha raccolto uno solo di quei pezzi. Se ne capita l'occasione ancora mi ridono in faccia di fronte all'offerta di camminare insieme per qualche passo. Se non sei capace di stare due passi dietro, allora non vai bene.
Impossibile. Io sto correndo. Sempre, incessantemente, a bermi la felicita'.
1 comment:
La propria casa da sicurezza perchè ha un'anima come noi. Da conforto. Le manca solo la parola. La viviamo, la respiriamo, ce ne prendiamo cura. Ci manca quando non la viviamo. Ma la tua casa è (stata) anche a Cava ed è bello immaginare un ponte lungo quanto tutto l'Atlantico percorrendo il quale si scorge una parte di vita. E la felicità ci (può) aspetta(re) all'imbocco, ma anche all'arrivo. Be happy.
Leonardo Sileo
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